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L’amministrazione del
catasto italiano
di Anna PUNZO
1. ISTITUZIONE DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO
L’Agenzia del Territorio è stata istituita con
decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999, insieme a quella del Demanio,
delle Dogane e delle Entrate, nell’ambito di un generale processo di
riorganizzazione di tutta la Pubblica Amministrazione.
La missione dell’Agenzia ha una valenza di rilievo, dal momento che svolge
compiti in materia di catasto, pubblicità immobiliare, consulenze e stime ed è
deputata alla formazione e allo sviluppo dell’osservatorio del mercato
immobiliare.
Si tratta di competenze delicate e particolari, che richiedono competenze
specifiche e grandi professionalità in quanto sono dirette ad assicurare una
gestione unitaria, su tutto il territorio nazionale, della base dei dati
catastali.
2. IL DECENTRAMENTO DELLE FUNZIONI CATASTALI
Nel corso degli anni, l’Agenzia è stata
interessata da diversi provvedimenti di riforma. Si è trattato non solo di
interventi volti a rendere più agevole la raccolta dei dati catastali e la loro
consultazione attraverso la creazione di sofisticati sistemi informativi, ma
anche di disposizioni regolamentari destinate a disciplinare in maniera efficace
i rapporti tra l’Agenzia e gli Enti a locali a seguito del progressivo
decentramento delle funzioni catastali ai Comuni.
Ma è solo con la legge finanziaria del 2007 che viene assicurato un ruolo più
deciso alle funzioni di garanzia e di unitarietà mantenute dallo Stato e
affidate all’Agenzia del Territorio e si stabilisce di rinviare all’emanazione
di un successivo DPCM i termini e le modalità per un graduale trasferimento
delle funzioni catastali agli Enti locali interessati.
3. PROFILI DI ILLEGITTIMITA’ DEL DPCM
Il regolamento, però, non fa in tempo ad essere
emanato che viene impugnato, dinnanzi al TAR, dalla Confederazione italiana
della proprietà edilizia.
La Confedilizia, in particolare, lamenta che il citato decreto ha finito con
l’attribuire ai Comuni la decisione e la responsabilità finale per l’adozione
degli atti inerenti l’estimo degli immobili, comportando un sostanziale
arretramento dell’Agenzia del Territorio su competenze di mero controllo e di
stima dell’efficienza degli interventi operati dai Comuni, mentre agli stessi
Enti è riposto per intero il compito dell’aggiornamento del catasto, ivi
comprese le attività di irrogazione delle sanzioni e di gestione del
contenzioso.
Nel ricorso sono intervenute anche altre Associazioni, le quali hanno rilevato
come, dall’applicazione del decreto impugnato, deriverebbe la insuperabile
conseguenza dello “smembramento” della funzione catastale, destinandosi
la stessa a un esercizio differenziato da Comune a Comune, il che comporterebbe
la creazione di un “estimo campanilistico”, con conseguenti ripercussioni
sui criteri di computo per la costruzione della base imponibile per la
determinazione dell’ICI (attuale IMU).
4. SOLUZIONE DEL TAR - CONSIGLIO DI STATO
La questione è finita dinnanzi al Consiglio di
Stato, il quale, in estrema sintesi, ha rilevato che la paventata arbitrarietà
dell’accertamento catastale non discende dal livello di governo (statale o
comunale), bensì soltanto dalla carenza di controlli e sanzioni adeguate a
garantire l’unitarietà del sistema catastale.
Oggi, il problema del decentramento delle funzioni catastali ai Comuni, sembra
essere stato definitivamente risolto dall’ultima sentenza del Tar Lazio del
2010, poiché non è più in discussione il decentramento catastale ai Comuni ma
solamente la migliore definizione di un sistema di controlli coerente con la
necessità di garantire l’unitarietà del sistema catastale.
Non si tratta di costruire catasti comunali, né tantomeno di “passare” il
catasto ai Comuni, bensì di continuare a sviluppare, così com’è già stato
possibile fare fin qui, una struttura nazionale unitaria, rinvenibile
nell’Agenzia del Territorio, articolata fisicamente sino ai Comuni e
virtualmente –tramite la telematica- fino al singolo utente finale, tale da
semplificare l’amministrazione e l’impiego delle informazioni catastali e
migliorare, ai vari livelli interessati, la conoscenza del territorio.
5. LA SPENDING REVIEW
Purtroppo, i risultati faticosamente raggiunti fino ad oggi per definire e
risolvere in maniera definitiva la questione, sono stati nuovamente scompaginati
con l’ultima decisione contenuta nel provvedimento della Spending Review
che ha stabilito l’incorporazione dell’Agenzia del Territorio in quella
dell’Entrate.
La disposizione normativa, però, mostra alcuni punti deboli, soprattutto dal
punto di vista economico e da quello organizzativo.
Dal punto di vista economico, la maggiore critica deriva dall’applicazione del
principio delle diseconomie di scala.
Le diseconomie di scala descrivono il fenomeno in cui l'aumentare della
dimensione
aziendale
provoca un aumento (non un risparmio) del costo marginale dell'output
(bene o servizio) e quindi del costo medio della produzione. In altre parole,
l’accorpamento delle due agenzie di così grandi dimensioni non produce un
risparmio di tipo economico, ma provoca addirittura un aumento dei costi
conseguente o all’attribuzione di due funzioni diverse in capo alla stessa
persona (con evidente rendimenti scarsi) oppure della stessa funzione attribuita
a due persone diverse (con evidenti ricadute negative in termini di
coordinamento e quindi di produttività).
Infatti, il riordino dell’Agenzia così come è stata pensata, peggiora la
capacità operativa del sistema e si rivela inefficace sotto il profilo dei
risparmi di gestione, in quanto vengono accorpate strutture con mission e
competenze del tutto differenti.
L’incorporazione non comporta nessuna sinergia, in quanto ciascun dipendente –
nella migliore delle ipotesi- continuerà a fare le stesse cose di prima sotto un
diverso nome; con la negativa conseguenza, però, che si creeranno confusioni,
difficoltà organizzative e di comunicazione tra le parti, si verificheranno
problemi gestionali e di coordinamento, si avrà un peggioramento delle relazioni
ed i lavoratori si sentiranno alienati. Questa situazione provoca rendimenti
scarsi in termini di produttività, perché i lavoratori si sentiranno poco
invogliati a fornire prestazioni di alto livello. In sintesi, avremo prestazioni
più scadenti di quelle fornite prima dell’incorporazione, ma allo stesso prezzo.
In conclusione, come dimostrato dal principio economico delle diseconomie di
scala, non è vantaggioso aumentare le dimensioni dell’impresa dato che il
costo medio totale di lungo periodo è crescente e dunque i rendimenti di
scala sono decrescenti.
Insomma, la semplificazione va fatta quando ci sono strutture almeno omogenee
che presentano sovrapposizioni o duplicazioni. Più logico, perciò, sarebbe stato
ragionare sull’accorpamento tra Entrate e Dogane, come succede in alcuni paesi
europei, in quanto entrambe presentano ambiti di competenza particolarmente
vicini.
Dal punto di vista organizzativo, inoltre, il provvedimento non ha
comportato nessuna riorganizzazione che fosse finalizzata a garantire una
maggiore efficienza della nuova struttura.
Nel caso di specie, infatti, l’accorpamento delle due Agenzie non è avvenuta
eliminando le duplicazioni di funzioni o snellendo le competenze, ma è avvenuta
per semplice operazione addizionale, aggiungendo all’Agenzia dell’entrate quella
del Territorio, con la sola eliminazione di una figura apicale, quale quella del
direttore centrale dell’agenzia del territorio.
Nel caso di specie, infatti, l’accorpamento delle due Agenzie non è avvenuta
eliminando le duplicazioni di funzioni o snellendo le competenze, ma è avvenuta
per semplice operazione addizionale, aggiungendo all’agenzia dell’entrate quella
del territorio, con la sola eliminazione del direttore centrale dell’agenzia del
territorio.
Addirittura, però, questa soluzione ha finito per penalizzare illegittimamente
il Direttore dell’Agenzia del territorio, che si è trovato improvvisamente senza
incarico. E’ come se si fosse prodotta una risoluzione del contratto “ope
legis”, cioè per effetto di una legge in violazione di una norma
contrattuale.
Ciò che la legge ha disposto, però, è soltanto l’eliminazione di un posto di
funzione (il direttore generale) a seguito della creazione di una nuova
struttura formata dall’accorpamento di un’agenzia nell’altra. Ora, anche se
l’incorporazione è avvenuta a scapito dell’agenzia del territorio – che è stata
soppressa nel nomen, ma non nelle competenze - la nomina del Direttore
della nuova Agenzia non può essere scontata, ma deve avvenire attraverso una
regolare procedura di interpello.
Invece ciò non è stato, ed arbitrariamente l’attuale Direttore dell’Agenzia
dell’Entrate si è posto a capo della nuova struttura.
Non dimentichiamo, infatti, che le competenze della nuova Agenzia comprendono
anche quelle della ex agenzia del territorio, che sono sconosciute ai vertici
dell’agenzia delle entrate, e che richiedono specificità e professionalità che
devono essere valutate attentamente.
L’accorpamento che ora si sta per realizzare col tempo andrà a minare sempre
più l’azione incisiva che stanno svolgendo le Agenzie del Territorio
con risultati eccellenti, come prova la scoperta di oltre un milione di
immobili assolutamente sconosciuti al fisco, che ha portato entrate, in
termini di gettito, pari a circa 470 milioni di euro.
In questi ultimi anni, infatti, la definizione del sistema catastale attuale ha
comportato un continuo aggiornamento delle procedure e della banca dati
catastale, che hanno consentito una moderna rappresentazione del territorio sia
dal punto di vista cartografico e geometrico, che della corretta identificazione
delle consistenze immobiliari. Il tutto a tutela dell’intero Paese per un
progressivo miglioramento della equità fiscale e della garanzia dei diritti
reali correlati all’esistenza del patrimonio immobiliare.
Per questo la previsione dell’incorporazione dell’Agenzia del Territorio in
quella delle Entrate, appare incoerente con le funzioni esercitate dalle due
strutture, le quali sono completamente diverse per vocazione, finalità ed
operatività.
L’aspetto più preoccupante è che stiano trasformando l’Agenzia del Territorio in
un semplice settore di supporto fiscale, al quale possa venire meno gradualmente
la importantissima funzione inventariale, il sopporto tecnico nei confronti
degli altri organismi pubblici nella gestione e nell’amministrazione del
territorio, il fondamentale ruolo civilistico assolvibile dalla cartografia
catastale dello Stato e dalla corretta rappresentazione dell’edificato e
dell’intero territorio.
Un ulteriore considerazione merita di essere evidenziata in questa sede, e cioè
che la concentrazione in un unico soggetto di poteri così incisivi e forti,
rappresenta un pericolo per la corretta gestione delle competenze.
Inoltre, la fusione dell’agenzia del territorio in quella dell’entrate è in
controtendenza con le realtà presenti nel resto dell’Europa, dove l’Ente
impositore non coincide con l’ente accertatore per evidenti motivazioni di
incompatibilità delle due funzioni, che devono pertanto restare separate in modo
da garantire la corretta applicazione del regime fiscale e tributario
nell’interesse comune.
Infatti la funzione dell’accertamento e dell’imposizione fiscale, che è
peculiare all’Agenzia delle Entrate potrebbe indurre ad intervenire sugli estimi
catastali e a stabilire le rendite sulla base della necessità di assicurarsi
maggiori entrate tributarie, e questo, in un periodo di profonda crisi economica
quale quello che stiamo attraversando, potrebbe avere risvolti pericolosi sugli
equilibri sociali presenti nel Paese e sull’auspicata ripresa economica.