Unione Nazionale Direttivi e Vicedirigenti Pubblici
La News Letter di UNIVIP
Uno sguardo sul mondo del pubblico impiego
SPECIALE VICEDIRIGENZA
A.C.  2031

Numero di Febbraio 2009 
 


E' stato un periodo di intensa attività per noi tutti dirigenti sindacali di UNIVIP. Sapevamo di essere al "rush" finale e ce la siamo giocata tutta. Abbiamo raccontato  ai nostri politici cosa  accade nelle amministrazioni, e lo abbiamo fatto con prove e documenti alla mano. Atti certi, dal contenuto inequivocabile. Volevamo essere sicuri che avrebbero discusso  di argomenti che ci stanno a cuore - come la vicedirigenza - con consapevolezza e cognizione di causa.
Abbiamo caldeggiato la soppressione  dell'articolo  7  dell'A.C. 2031 perché l'interpretazione proposta dal Governo non ci convince, ed abbiamo molto apprezzato gli emendamenti  presentati dall'on.le LO PRESTI (PDL), DELFINO  (UDC)  e PALADINI  (IDV) che  hanno saputo  tradurre in fatti le nostre argomentazioni.
Abbiamo cercato di spiegare che  la figura  del  vicedirigente, intesa quale  vicario  del dirigente,  è molto  importante nell'organizzazione  del lavoro.
Nei  nostri  Ministeri. i dirigenti  generali  hanno  un vice  direttore generale, che lo  sostituisce in caso di assenza o impedimento, e lo coadiuva e lo supporta  nello svolgimento della sua le attività.  Ma  anche il  questore,  il prefetto, il Presidente della  Camera o del  Senato,  hanno un vice. Trattandosi  di cariche pubbliche, è  evidente che la loro individuazione e nomina debba rispondere a criteri di trasparenza e legalità  che solo una legge dello Stato può garantire. I pubblici funzionari non possono essere nominati sulla  base di  un rapporto  fiduciario, perché esercitano  una pubblica   funzione, al servizio esclusivo della Nazione e retribuiti con i  soldi dei contribuenti italiani.


Chi potrebbe ritenere possibile che un dirigente scelga il suo vice senza alcun rispetto di regole improntate alla imparzialità e al buon andamento della amministrazione?
C'è poco  da scherzare!
Il dirigente non  è un politico. Il principio  della netta separazione tra politica e amministrazione impone che la scelta dei candidati nell'esercizio delle pubbliche funzioni avvenga mediante concorso, come recita l'art. 97 della Costituzione, al fine di garantire la selezione dei migliori.
Solo il legislatore può derogare a questa regola di rango costituzionale. Di qui il senso della norma sulla vicedirigenza.
Se fosse stato un semplice incarico o un profilo professionale, il Parlamento non si sarebbe di certo scomodato.
L'interpretazione  del Ministro Brunetta (o  di  chi  per lui), non  ci  convince. Non la  comprendiamo.
Chi interpreterà la norma interpretativa?
La risposta non può  che essere una: la contrattazione  collettiva, cioè Governo e organizzazioni sindacali maggiormente  rappresentative. Vale a dire, Governo e CGIL, CISL e UIL.
Si  ripete la storia di oltre  10 anni  fa, quando con la legge 28 dicembre 1995  n.  549, sulla base dello  stesso  principio, enfatizzando l'importanza della contrattazione collettiva si stabilì di attribuire  all'ARAN, d'intesa con  le  OO.SS.  maggiormente rappresentative, il compito   "di definire procedure  finalizzate alla riqualificazione  professionale  del personale".
Doveva rappresentare un  momento  di  crescita per il  Paese, culturale e professionale.


Determinò invece un aumento  esponenziale della spesa pubblica. Furono  stanziati 180 miliardi di lire, che  tradotti in euro  sono pari  a 90 milioni.
Servirono per garantire a 18.477  unità del personale nel solo Ministero delle Finanze  di  passare ad una fascia economica superiore. Su questa stessa scia altre amministrazioni si sono presto adeguate,  e  in nome della flessibilità nella gestione delle risorse umane, si sono compiute operazioni clientelari in  danno  alle finanze dello Stato. Provate a moltiplicare 90  milioni  di euro per  il numero dei Ministeri, aggiungete  anche gli altri 10 comparti di  contrattazione  e avrete l'idea  di quanti soldi sono  stati spesi.
Per effetto delle riqualificazioni si è prodotto nel tempo uno  slittamento  verso le posizioni  apicali di tutto il personale impiegatizio in possesso del solo diploma. Tranne, ovviamente per  quel personale  laureato  che  già si trovava   in   posizione apicale.
La  vicedirigenza doveva  costituire, tra l'altro,  uno  sbocco professionale proprio per quei funzionari.
Sarebbe costata in  un  anno 15 milioni di euro (invece  dei 90)  e avrebbe interessato circa 15.000 unità di personale in tutti i  comparti su tutto il territorio nazionale (invece dei  18 mila solo nel MEF).   Ancora  una volta sarebbe stata la contrattazione a disciplinare l'istituto, come per le  riqualificazioni  nel 1995.
Ma la vicedirigenza non è mai stata attuata.
PERCHE'? Vi state chiedendo.
Noi crediamo  che la risposta possa  essere una sola: perché la legge definiva in maniera puntuale i destinatari.
 

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 Se  è  la legge a stabilire   chi ha diritto ad  accedere alla vicedirgenza, il   potere della contrattazione  -cioè del Governo  (attraverso  i suoi   dirigenti) e  delle OO.SS.-  risulta compresso.
Non sembra sospetta tutta questa resistenza   mostrata fino ad oggi anche da  CGIL,CISL  e UIL?
Cosa dovremo  pensare se d'improvviso questi sindacati dovessero cambiare idea?
Le riqualificazioni potevano  essere una  buona risposta alla necessità di qualificare il personale. Ma la  legge non ha definito i margini di  intervento delle parti, e le  procedure sono  state condotte  tutt'altro che nella direzione giusta. Lo sa bene la Corte Costituzionale  che è stata costretta ad intervenire per ben due volte per censurarle.
Perché il Governo  vuole ripetere lo stesso  errore?
Il livellamento operato in questi ultimi anni  dalla contrattazione ha comportato l'attribuzione di  incarichi   e  di fasce retributive  più alte   a   personale non sempre in  possesso dei requisiti culturali  richiesti e sulla base  di  un'ampia  discrezionalità.
Nello Stato, infatti,  i sistemi  di  valutazione   del personale sono autoreferenziati  ed  anche i controlli vengono effettuati  dagli  stessi che attribuiscono  gli  incarichi.  Non si può lasciare alla discrezionalità  delle parti la regolamentazione dei pubblici uffici, senza prevedere e  stabilire normativamente ed inderogabilmente limiti e confini a questo  potere.
La modificazione della vicedirigenza, così come richiesta dal Governo, non  favorirà  di certo  la   già compressa autonomia dei funzionari  nello  svolgimento dei propri  compiti istituzionali. Assisteremo ancora una volta al mercimonio degli incarichi e alla corsa all'iscrizione del partito del momento  e  del sindacato simpatizzante.
A danno,  ancora una volta, del Paese e  della sua crescita.

LA MERITOCRAZIA DI BRUNETTA

Nella  seduta n. 29 del 30 luglio 2008,  nell'aula del  Senato, il Ministro  Brunetta dichiarò  "nello stato in cui versa la  P.A. non è facile  differenziare  né  introdurre misure  per premiare  comportamenti virtuosi e penalizzare le  anomalie". 

Noi crediamo che il presupposto fondamentale per realizzare una meritocrazia credibile all’interno degli apparati pubblici sia un’organizzazione amministrativa fondata sul principio della trasparenza, in base al quale tutte le decisioni di managerialità e funzionalità siano conoscibili e condivisibili.
Se pensassimo, come vorrebbe il ministro Brunetta, che l’amministrazione sia una grande azienda privata tesa a fornire servizi per soddisfare –a seconda dei casi- le necessità ed il benessere dei cittadini italiani, dovremmo necessariamente concludere che il sig  ministro è il datore di lavoro dei pubblici dipendenti ed i dirigenti sono i suoi collaboratori.
Per evitare dipendenti improduttivi e demotivati, dunque, il datore di lavoro (cioè il Ministro della funzione pubblica pro tempore) deve necessariamente reclutare una classe dirigente all’altezza del compito.
Come vengono reclutati i dirigenti nelle amministrazioni pubbliche?
Il Ministro sceglie i Direttori generali, i quali a loro volta scelgono gli altri dirigenti.

Ma il Ministro come sceglie i direttori generali?

E’ intuibile!

Spesse volte riconferma quelli precedenti, ma poi –forse perché non è sicuro di aver fatto bene- si circonda di consulenti di sua fiducia e attribuisce incarichi dirigenziali a esperti, funzionari, magistrati, professori

reclutati dall’esterno (ma anche dall’interno) che il più delle volte non hanno fatto nessun concorso, né per dirigente né per funzionario come vorrebbe l’art. 97 della Costituzione.
La stessa cosa fanno i dirigenti generali.
In questo modo si realizza la meritocrazia nelle nostre amministrazioni. Infatti, si diventa dirigenti perché si ha il merito di conoscere le persone “giuste”.
Abbiamo condotto un’analisi sui criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche e abbiamo scoperto delle cose interessanti.

Nella Agenzie fiscali, per esempio, gli incarichi dirigenziali vengono conferiti al personale della ex carriera direttiva a seguito di procedure di interpello concordate con le OO.SS maggiormente rappresentative, quelle stesse che si oppongono alla istituzione della vicedirigenza.
Vediamo prima i numeri.
Nell’Agenzia delle Entrate il numero di posizioni dirigenziali di seconda fascia ammonta all’incirca a 1400 unità. Di queste, 835 sono attribuite a dirigenti, 38 ad interim (cioè svolte contemporaneamente dallo stesso dirigente), 503 sono attribuite al personale direttivo (della III area) e 24 risultano non assegnate.

Nell’Agenzia del territorio
il numero di posizioni dirigenziali di seconda fascia ammonta all’incirca a 369 unità. Di queste, 212 sono attribuite a dirigenti, 63 ad interim, e 94 sono attribuite al personale direttivo.

Nell’Agenzia delle Dogane
, il numero di posizioni dirigenziali che abbiamo censito ammonta a circa 91 unità. Di queste, 40 risultano assegnate a dirigenti, mentre le restanti 51 (più del 50%) sono attribuite al personale direttivo della III area.

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Come vengono conferiti gli incarichi?
Nell’Agenzia delle dogane, per esempio, come si legge nella nota n. 15287 del 3 settembre 2008 della stessa Agenzia, i criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali sono quelli già oggetto di informativa e di concertazione con le OO.SS nella riunione del 19 aprile 2006, integrati a seguito di nuove e fondamentali
considerazioni.
Infatti l’Agenzia ritiene che siano maturate le condizioni per consentire la partecipazione alle procedure di interpello anche ai funzionari della terza area posizioni retributive F1 e F2 (gli ex C1, per intenderci) che abbiano maturato cinque anni di servizio nella agenzia e nell’area. Nessun riferimento al titolo di studio o alla necessità di indire regolari procedure concorsuali.
Anche nell’Agenzia del territorio ed in quella delle Entrate, la logica è la stessa. I posti vacanti da dirigente non vengono messi in concorso ma assegnati sulla base di procedure “paraconcorsuali” di ampia discrezionalità, secondo criteri che cambiano a seconda del caso o delle circostanze.
L’attribuzione di incarichi dirigenziali non è materia di poco rilievo, in quanto presume una capacità gestionale fondamentale nell’organizzazione del lavoro. Solo così è possibile evitare di avere dipendenti demotivati, o come preferisce definirli il ministro Brunetta -dietro suggerimento del suo amico Pietro Ichino- fannulloni. Ma la capacità gestionale deve essere verificata prima e valutata poi. Per verificarla è necessario approntare un sistema di regole chiare e trasparenti, conosciute da tutti e fondate su criteri di buon senso ed imparzialità.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica in materia di affidamento e revoca degli incarichi dirigenziali ha emanato la direttiva n. 10 del 19 dicembre 2007, alla quale le amministrazioni dovrebbero attenersi. In essa si sottolinea come ancora una volta, in tema di conferimento di incarichi dirigenziali, le amministrazioni devono riferirsi a criteri meritocratici e trasparenti.
Non può esserci meritocrazia senza trasparenza. Perché nascondere ciò che risponde a logiche premianti? Per questa ragione è stata creata la banca dati della dirigenza presso il dipartimento della Funzione pubblica.
Nella direttiva, infatti, si legge testualmente “è necessario che il Dipartimento venga costantemente e puntualmente informato sulla situazione dei ruoli dirigenziali, sui passaggi per mobilità e sugli incarichi dirigenziali conferiti a qualsiasi titolo. Allo scopo si richiama l’attenzione sulla necessità di trasmettere le relative informazioni, come peraltro disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2004 e dall’art. 28, comma 7-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001

(introdotto dalla legge n. 186 del 2004), attraverso la banca dati della dirigenza raggiungibile dal sito internet del Dipartimento della Funzione pubblica all’indirizzo:
https://dardo.innovazionepa.it”. 
La banca dati consente di avere informazioni:
-          sulle dotazioni organiche,
-          sulla situazione del ruolo dei dirigenti di prima e seconda fascia;
-          sulle posizioni di mobilità a qualsiasi titolo dei dirigenti e sulla eventuale presenza di dirigenti privi di incarico;
-          su tutti gli incarichi di livello dirigenziale anche a dirigenti di altre amministrazioni pubbliche e ad estranei;
-          sui posti di funzione dirigenziale vacanti.
Peccato che quando si digiti l’indirizzo, ottenuta la prima schermata in cui vengono visualizzate tutte le amministrazioni pubbliche (Monopoli di Stato, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Ministeri, ecc.) al momento di accedere ai dati pubblici il sistema risponde con la frase “APPLICAZIONE AL MOMENTO NON  DISPONIBILE. RIPROVARE PIU’ TARDI”
E’ inutile riprovare. Noi lo abbiamo fatto, ma senza risultato.
Chissà se il prof. Brunetta lo sa che è dal 2004 che si legifera sulla trasparenza degli incarichi dirigenziali o se è convinto che “l’operazione trasparenza” sia un’idea innovativa del suo mandato.

Nelle strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri gli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art. 19, comma 6, (quindi senza nessuna selezione e nessun concorso) ammontano a 45 unità. Di queste,  16 sono di livello dirigenziale generale con retribuzioni che si aggirano da un minimo di € 140.788 ad un massimo di € 209.950 annui lordi e sono attribuite a funzionari pubblici a ad estranei all’amministrazione. Le restanti posizioni dirigenziali non generali hanno retribuzioni che vanno da un minimo di € 66.552 ad un  massimo di 82.058.
Nel Ministero della Difesa, gli incarichi dirigenziali di III fascia attribuiti in base alla stessa norma sono tre e sono assegnati a personale direttivo della ex area C (C2 e C3) con retribuzioni che si aggirano da un minimo di € 67.725,56 ad un massimo di € 81.721,13 annui lorde. Se si pensa che un dirigente con almeno 10 anni di anzianità nella stessa amministrazione con incarico di IV fascia (quindi una fascia retributiva superiore) percepisce circa € 50.000 annui lordi, viene il dubbio che l’ostacolo a che l’area della vicedirigenza si realizzi sia determinato proprio dalla possibilità di continuare a “premiare” i meritevoli stipulando con essi contratti da dirigente a tempo determinato, la cui durata minima è di tre anni e quella massima è di cinque anni (il tempo di una legislatura e quindi di un Governo), come richiede la legge. 

L’istituzione della vicedirigenza ridurrebbe i margini di manovra per quei politici così sensibili alla meritocrazia, perché attribuirebbe in piena autonomia, in base ad una semplice disposizione di legge e a costi nettamente inferiori,  compiti di livello dirigenziale a quegli stessi funzionari direttivi.
Come si può accettare che sia la legge ad individuare i destinatari di certe funzioni? La legge è generale ed astratta e favorisce troppi ed indiscriminatamente.
Il ministro Brunetta, convinto assertore della meritocrazia, ha pensato bene di sistemare le cose, proponendo un emendamento all’art. 17 bis del decreto legislativo 165 del 2001 “norma interpretativa della vicedirigenza” in base al quale sarà la contrattazione collettiva a valutare l’opportunità se istituire o meno la vicedirigenza.

Cosa è cambiato? Niente!

C’è da scommettere, però, che adesso tutti avranno un’illuminazione e sapranno finalmente cosa fare. E poiché sono trascorsi oramai 7 anni da quando la norma è stata scritta, ed altrettanti sono passati dalle prime procedure di riqualificazione grazie alle quali gli impiegati di concetto sono diventati funzionari direttivi, è necessario inventarsi un ulteriore sbocco “professionale” per consentire la progressione in carriera di questi ultimi.
Quindi, si diventerà vicedirigenti allo stesso modo di come oggi si diventa dirigenti, sulla base di accordi sindacali che consentiranno di promuovere i “meritevoli”.
Chi sa scegliere il sindacato giusto o conosce il politico influente, avrà il merito di essere premiato con retribuzioni accessorie ben differenziate.
In un momento in cui le risorse economiche scarseggiano, bisognava pur trovare un sistema che garantisse le solite entrate ai soliti bravi!
Gli altri non ne avranno a male, perché sapranno che hanno meritato di non essere premiati.

Fino alle prossime elezioni, è naturale!
 

Ufficio Stampa Univip