Come vengono conferiti gli incarichi?
Nell’Agenzia delle dogane, per esempio, come si legge nella nota n. 15287
del 3 settembre 2008 della stessa Agenzia, i criteri per il conferimento
degli incarichi dirigenziali sono quelli già oggetto di informativa e di
concertazione con le OO.SS nella riunione del 19 aprile 2006, integrati a
seguito di nuove e fondamentali
considerazioni.
Infatti l’Agenzia ritiene che siano maturate le
condizioni per consentire la partecipazione alle procedure di interpello
anche ai funzionari della terza area posizioni retributive F1 e F2 (gli ex
C1, per intenderci) che abbiano maturato cinque anni di servizio nella
agenzia e nell’area. Nessun riferimento al titolo di studio o alla
necessità di indire regolari procedure concorsuali.
Anche nell’Agenzia del territorio ed in quella delle Entrate, la logica è
la stessa. I posti vacanti da dirigente non vengono messi in concorso ma
assegnati sulla base di procedure “paraconcorsuali” di ampia
discrezionalità, secondo criteri che cambiano a seconda del caso o delle
circostanze.
L’attribuzione di incarichi dirigenziali non è materia di poco rilievo, in
quanto presume una capacità gestionale fondamentale nell’organizzazione
del lavoro. Solo così è possibile evitare di avere dipendenti demotivati,
o come preferisce definirli il ministro Brunetta -dietro suggerimento del
suo amico Pietro Ichino- fannulloni. Ma la capacità gestionale deve essere
verificata prima e valutata poi. Per verificarla è necessario approntare
un sistema di regole chiare e trasparenti, conosciute da tutti e fondate
su criteri di buon senso ed imparzialità.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica in materia di affidamento e revoca
degli incarichi dirigenziali ha emanato la direttiva n. 10 del 19
dicembre 2007, alla quale le amministrazioni dovrebbero attenersi. In
essa si sottolinea come ancora una volta, in tema di conferimento di
incarichi dirigenziali, le amministrazioni devono riferirsi a criteri
meritocratici e trasparenti.
Non può esserci meritocrazia senza trasparenza. Perché nascondere ciò che
risponde a logiche premianti? Per questa ragione è stata creata la banca
dati della dirigenza presso il dipartimento della Funzione pubblica.
Nella direttiva, infatti, si legge testualmente “è necessario che il
Dipartimento venga costantemente e puntualmente informato sulla situazione
dei ruoli dirigenziali, sui passaggi per mobilità e sugli incarichi
dirigenziali conferiti a qualsiasi titolo. Allo scopo si richiama
l’attenzione sulla necessità di trasmettere le relative informazioni, come
peraltro disposto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del
2004 e dall’art. 28, comma 7-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001
|
|
(introdotto dalla legge n. 186 del 2004), attraverso la banca dati della
dirigenza raggiungibile dal sito internet del Dipartimento della Funzione
pubblica all’indirizzo:
https://dardo.innovazionepa.it”.
La banca dati consente di avere informazioni:
-
sulle dotazioni organiche,
-
sulla situazione del ruolo dei dirigenti di prima e seconda
fascia;
-
sulle posizioni di mobilità a qualsiasi titolo dei dirigenti
e sulla eventuale presenza di dirigenti privi di incarico;
-
su tutti gli incarichi di livello dirigenziale anche a
dirigenti di altre amministrazioni pubbliche e ad estranei;
-
sui posti di funzione dirigenziale vacanti.
Peccato che quando si digiti l’indirizzo, ottenuta la
prima schermata in cui vengono visualizzate tutte le amministrazioni
pubbliche (Monopoli di Stato, Consiglio di Stato, Corte dei Conti,
Ministeri, ecc.) al momento di accedere ai dati pubblici il sistema
risponde con la frase “APPLICAZIONE AL MOMENTO NON DISPONIBILE. RIPROVARE
PIU’ TARDI”
E’ inutile riprovare. Noi lo abbiamo fatto, ma senza risultato.
Chissà se il prof. Brunetta lo sa che è dal 2004 che si legifera sulla
trasparenza degli incarichi dirigenziali o se è convinto che “l’operazione
trasparenza” sia un’idea innovativa del suo mandato.
Nelle strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri
gli incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art. 19, comma 6,
(quindi senza nessuna selezione e nessun concorso) ammontano a 45
unità. Di queste, 16 sono di livello dirigenziale generale con
retribuzioni che si aggirano da un minimo di € 140.788 ad un massimo di €
209.950 annui lordi e sono attribuite a funzionari pubblici a ad estranei
all’amministrazione. Le restanti posizioni dirigenziali non generali hanno
retribuzioni che vanno da un minimo di € 66.552 ad un massimo di 82.058.
Nel Ministero della Difesa,
gli incarichi dirigenziali di III fascia attribuiti in base alla stessa
norma sono tre e sono assegnati a personale direttivo della ex area C (C2
e C3) con retribuzioni che si aggirano da un minimo di € 67.725,56 ad un
massimo di € 81.721,13 annui lorde. Se si pensa che un dirigente con
almeno 10 anni di anzianità nella stessa amministrazione con incarico di
IV fascia (quindi una fascia retributiva superiore) percepisce circa €
50.000 annui lordi, viene il dubbio che l’ostacolo a che l’area della
vicedirigenza si realizzi sia determinato proprio
dalla possibilità di continuare a “premiare” i
meritevoli stipulando con essi contratti da dirigente a tempo determinato,
la cui durata minima è di tre anni e quella massima è di cinque anni (il
tempo di una legislatura e quindi di un Governo), come richiede la legge.
|
|
L’istituzione della vicedirigenza ridurrebbe i margini di manovra per quei
politici così sensibili alla meritocrazia, perché attribuirebbe in piena
autonomia, in base
ad una semplice disposizione di legge e a costi
nettamente inferiori, compiti di livello dirigenziale a quegli stessi
funzionari direttivi.
Come si può accettare che sia la legge ad individuare i destinatari di
certe funzioni? La legge è generale ed astratta e favorisce troppi ed
indiscriminatamente.
Il ministro Brunetta, convinto assertore della meritocrazia, ha pensato
bene di sistemare le cose, proponendo un emendamento all’art. 17 bis del
decreto legislativo 165 del 2001 “norma interpretativa della
vicedirigenza” in base al quale sarà la contrattazione collettiva a
valutare l’opportunità se istituire o meno la vicedirigenza.
Cosa è cambiato? Niente!
C’è da scommettere, però, che adesso tutti avranno un’illuminazione e
sapranno finalmente cosa fare. E poiché sono trascorsi oramai 7 anni da
quando la norma è stata scritta, ed altrettanti sono passati dalle prime
procedure di riqualificazione grazie alle quali gli impiegati di concetto
sono diventati funzionari direttivi, è necessario inventarsi un ulteriore
sbocco “professionale” per consentire la progressione in carriera di
questi ultimi.
Quindi, si diventerà vicedirigenti allo stesso modo di come oggi si
diventa dirigenti, sulla base di accordi sindacali che consentiranno di
promuovere i “meritevoli”.
Chi sa scegliere il sindacato giusto o conosce il politico influente, avrà
il merito di essere premiato con retribuzioni accessorie ben
differenziate.
In un momento in cui le risorse economiche scarseggiano, bisognava pur
trovare un sistema che garantisse le solite entrate ai soliti bravi!
Gli altri non ne avranno a male, perché sapranno che hanno meritato di non
essere premiati.
Fino alle prossime elezioni, è naturale!
Ufficio Stampa Univip
|