Unione Nazionale Italiana per la Valorizzazione dell'Impiego Pubblico
La News Letter di UNIVIP
Uno sguardo sul mondo del pubblico impiego
LA SAGA DEI COMANDATI: ULTIMO ATTO

Numero di Ottobre 2013
 

LA TELEFONATA!

Mi chiamano al telefono per la questione dei comandati alla Presidenza del Consiglio. UNIVIP deve intervenire – mi dicono – perché questa storia ha dell’incredibile e bisogna definirla una volta per tutte. La soluzione individuata è quella di presentare un emendamento al decreto legge 101 nella fase di conversione in legge alla Camera. Non è una soluzione nuova. Questa volta, però, tutti credono che la nuova compagine governativa (le larghe intese tra PD e PDL)  favorirà l’approvazione dell’emendamento. Viene stabilito che l’emendamento sarà presentato alla Camera dove c’è “un clima” più favorevole.

UNIVIP SCENDE IN CAMPO!

UNIVIP scende in campo. Il decreto arriva nell’Aula del Senato il 10 settembre, dove ci segnalano che c’è già un emendamento favorevole al personale comandato che è stato presentato dal sen. Gentile (PDL). L’emendamento ha superato l’esame delle Commissioni ed è approdato in Aula, ma hanno chiesto di riformularlo. Non abbiamo tempo e non vogliamo rischiare. A nostro giudizio la proposta emendativa è fin troppo generica. Tranne il limite degli otto anni (che potrebbe essere considerato discriminatorio) non ci sembra si possa intervenire per semplificarla ancora. L’unica soluzione ci appare quella di informare qualche esponente del PD e di chiedere di appoggiare l’emendamento in fase di discussione in Aula. Così cerchiamo di capire – con l’aiuto dei colleghi- chi potrebbe essere considerato un parlamentare sensibile alla vicenda e abbastanza vicino al Governo che appartenga al PD. Lo troviamo e ci mettiamo in contatto. Ci garantiscono l’appoggio. Il 3 ottobre comincia la trattazione degli articoli. Si decide di accantonare gli emendamenti all’articolo 3 (quello che ci interessa è il numero 3.0.6. riferito proprio all’articolo 3) e di discutere tutti gli altri. Questa decisione ci fa ben sperare: c’è più tempo a disposizione e chi ci sta aiutando può intervenire con tutta calma. Le cose, però, non vanno come le abbiamo credute. Il 10 ottobre, nella seduta pomeridiana n. 123, il sen. Pagliari (PD) esprime parere contrario sull’emendamento 3.0.6. al quale si conforma il parere dell’esponente del Governo, il Ministro D’Alia, che avremmo giurato fosse dalla nostra parte. Veniamo a conoscenza, però, che l’emendamento è stato dichiarato improcedibile dalla 5^ Commissione Bilancio ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, per cui non viene messo ai voti.

BELLA MOSSA!

Bella mossa! Viene adottata la soluzione più semplice, quella alla Ponzio Pilato. La fantomatica 5^ Commissione Bilancio, senza conti alla mano e spiegazione alcuna, ha dichiarato l’emendamento improcedibile. Non c’è copertura finanziaria – ci dicono – l’emendamento non può passare. Ma perché nessuno alza la mano e chiede di conoscere i dati finanziari? Perché in quella sede nessuno si preoccupa di capire come mai, se non c’è copertura finanziaria questi poveri disgraziati di “comandati” lavorano e percepiscono uno stipendio? Chi li sta pagando? E con quali soldi? Che vuol dire, allora, che non c’è copertura finanziaria?

DAL SENATO ALLA CAMERA.

Alla Camera, però, non va meglio nonostante siano tutti convinti che gli emendamenti passeranno. Ce ne sono tre in aula, e a sostenere uno di questi c’è Fauttilli, di Scelta civica, lo stesso partito del Ministro D’Alia. Ma anche qui, come al solito, pesa la mannaia della Commissione Bilancio.

LO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Fauttilli 4.56. 
 

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fauttilli.
Ne ha facoltà.  
Colleghi, per cortesia, lasciate parlare il deputato Fauttilli, perché altrimenti non riusciamo a sentire.
 

FEDERICO FAUTTILLI -  Signora Presidente, questo è un emendamento che non comporta aggravio di spese. Peraltro, dà una sistemazione ad un personale che ormai da anni fa un lavoro fuori dalla propria amministrazione. È un personale che ha vinto concorsi pubblici per essere assunto nell'amministrazione pubblica per cui, siccome c’è il parere negativo da parte sia dei relatori che del Governo, vorrei chiedere al Governo le motivazioni di questi pareri negativi.

PRESIDENTE -  Se il Governo non intende intervenire non possiamo... il Governo si è già espresso. Ricordo all'onorevole Fauttilli che c’è un parere contrario anche della Commissione bilancio.

Il Governo non è obbligato ad intervenire, comunque se non lo ritira lo metto in votazione.  

Passiamo quindi ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fauttilli 4.56, con il parere contrario delle Commissioni, del Governo e del relatore di minoranza, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Lomonte...   
Dichiaro chiusa la votazione.
   
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge
.

      416(Presenti  
   326Votanti     
   90  Astenuti     
   164Maggioranza     
Hanno votato
         18  
Hanno votato
     no   308).

CHE VERGOGNA!

E' ancora una volta la 5^ Commissione Bilancio come un “deus ex machina” a salvare la faccia di quelli che hanno giurato e spergiurato che la questione dei comandati sta a cuore a tutti ed è giusto trovare una soluzione.
Laddove l’emendamento non risulterebbe improcedibile, ci pensa il gruppo a fare pressione sul deputato che pensa a ritirare l’emendamento. Non c’è da fidarsi!
Ma il personale comandato che fa? Sta al gioco. Per ingenuità o paura, nella speranza che arriverà il politico giusto a toglierlo dalla situazione di precariato e ad immetterlo nei ruoli. Certo a qualcuno accade. Ma si tratta di eccezioni rare. Per il resto, il personale comandato è funzionale al sistema e non otterrà mai nulla da questa gente. Schiacciato dal terrore che, se si ribella va a casa, è servizievole con il potente e bugiardo con il collega. Non si aggrega, non si fida, non si coalizza. Resta diviso e si indebolisce. Ogni tanto qualcuno viene sacrificato e mandato via, come per dimostrare che le ribellioni non sono ben accette. Si innesca così un meccanismo strano, in cui ciascuno cerca di dimostrare che è bravo, che merita di essere stabilizzato perché è competente e che ha più diritto degli altri ad essere immesso nei ruoli perché non è “un fuori comparto”.

A parte che la PCM è un comparto di contrattazione autonomo, per cui tutti i comandati sono “fuori comparto”, non c’è da meravigliarsi se i dirigenti della Presidenza si dichiarino a favore del personale comandato. Ma è solo un dichiararsi a favore, per il resto lo sanno bene che non muoveranno un dito per loro, perché la Presidenza del Consiglio è un serbatoio di voti ed è meglio restare in pochi a “spartirsi la torta”. D’altro canto, c’è bisogno di qualcuno che lavori sodo, perché in pochi non si può fare tutto.
I comandati fanno comodo, lavorano tanto per dimostrare che meritano il posto che occupano, non si risparmiano mai perché ogni anno vivono l’incubo del rinnovo del comando. Ma quando chiude qualche Dipartimento, si accorpa qualche struttura o si parla di “spending review”, allora i comandati sono i primi a dover fare le valigie, perché ci si ricorda all’improvviso che sono ospiti e che spetta a loro fare ritorno nelle proprie amministrazioni. Il problema è solo chi deve essere sacrificato per primo. Comincia allora la squallida farsa di chi costa di più e chi costa di meno, di chi è più raccomandato e di chi lo è meno. E tutta la professionalità dimostrata sul campo negli anni?

PAZIENZA!

 Se ne può improvvisamente farne a meno. I Ponzio Pilato della politica e dell’amministrazione alzano le mani, fanno spallucce perché il provvedimento di stabilizzazione comporta dei costi e in questo clima di ristrettezze non ce lo possiamo permettere. Allora ci chiediamo: ma la copertura finanziaria per sbloccare gli stipendi ai lavoratori della Banca d’Italia, mentre per tutti gli altri dipendenti pubblici continua il blocco dal 2009 era proprio necessario? E perché ci chiedono sacrifici per stabilizzare i precari o assumere gli idonei di concorsi con la scusa che bisogna aiutare i giovani e poi si consente ai dirigenti delle società partecipate titolari di trattamento pensionistico o di vecchiaia di continuare a restare in carica sebbene pensionati? In questi casi, dove hanno trovato i soldi per la copertura finanziaria?
Perché nessuno ci spiega che differenza c’è tra pagare lo stipendio ad un lavoratore comandato e  pagare lo stipendio allo stesso lavoratore di ruolo?
Non sono sempre gli stessi soldi?
Non è sempre lo stesso Ministero delle Finanze che trasferisce le risorse?

Dove li prende la Presidenza i soldi per pagare gli stipendi?
E dove li prendono le altre amministrazioni?
Non li chiedono sempre all’unico Ministero che ha il portafoglio? E allora perché la 5^ Commissione Bilancio continua a chiedere la copertura finanziaria per qualcosa che è già coperto?

NESSUNA RISPOSTA

Purtroppo alle nostre domande nessuno si offre di fornirci risposte, così si continuano a prendere in giro i lavoratori comandati facendogli credere che è solo colpa della politica.
Certo, la politica è assente, ma non c’è bisogno della politica per risolvere il problema dei comandati. Basterebbe che i dirigenti della PCM facessero il loro dovere, passandosi una mano sulla coscienza e smettendo di “chinare il capo” al politico di turno per ottenere qualche piccolo insignificante favore per la propria carriera.

Basterebbe applicare le norme senza aspettare che sia un Ministro o un Vice Ministro o un  Sottosegretario a dirglielo.
Oppure basterebbe semplicemente dire la verità, e cioè che un comandato alla Presidenza potrebbe restare tale per tutta la vita lavorativa per cui è bene che non si faccia illusioni e si accontenti di quello che gli offrono. Certo i soldi fanno comodo a tutti, soprattutto di questi tempi, con i contratti bloccati dal 2009 e la pressione fiscale ed il costo della vita divenuti insostenibili.
Eppure non tutti lavorano nella Presidenza del Consiglio, e non per questo sono meno felici degli altri.

UN'ALTRA STORIA ...

A chiusura della discussione in Aula sul disegno di legge 1682, l’onorevole Massimo Enrico Baroni ha ricordato il dottor Raffaelle Pennacchio.

Raffaele era un malato di SLA, faceva parte del Comitato 16 novembre e portava avanti con forza, nonostante la malattia, una battaglia per accendere i riflettori sul diritto dei disabili gravi e gravissimi all'assistenza domiciliare, il diritto a restare a casa con dignità e ricevendo cure amorevoli. Raffaele lottava per tutti gli esseri umani che in Italia soffrono il dramma delle malattie neurodegenerative. Chiedeva l'adozione di un sistema di assistenza familiare e domiciliare che impedisca i profitti del malaffare sanitario pubblico-privato, realizzati soprattutto tra la politica e i grandi imprenditori di residenze sanitarie assistite, per far riconfluire le risorse verso i pazienti e le loro famiglie. Raffaele forse si sentiva inerme di fronte al cinismo della classe di Governo, che da precedenza agli interessi privati che gravitano intorno alla macchina sociosanitaria, piuttosto che al diritto a una vita dignitosa.
Raccontano che lo hanno visto mentre ascoltava in silenzio l'ennesimo tavolo tra Governo e Comitato 16 novembre. Il suo silenzio si è rotto brevemente solo per dire «fate presto», mentre il suo viso si rigava di una lacrima di rabbia.
Noi di UNIVIP vogliamo ricordare un altro ammalato di SLA, Cristian Felice, che è andato con la moglie e i figli in Bosnia a Madjugorie per fare visita alla Madonna. E mentre Raffaele aspettava inutilmente fuori il Ministero che qualche politico lo ascoltasse, Cristian, era fuori il Santuario ed ha sentito una voce ben chiara nell’orecchio che gli chiedeva di andare sulla collina. Con uno sforzo immenso è andato e la Vergine Maria è apparsa per un breve istante ai suoi occhi. Dopo un grande pianto commosso, Cristian si è alzato dalla sedia  a rotelle e già poche ore dopo non aveva più bisogno del respiratore. Anzi, nei prossimi giorni potrà togliere anche il sondino che lo aiutava ad alimentarsi.
Due uomini accomunati dalla stessa malattia, ma con un diverso destino.
Raffaele è morto, tradito dalla politica e da quegli uomini nei quali ha creduto.
Cristian si è abbandonato alla fede e si è salvato.
Noi crediamo che si possa trarre una morale da queste due storie di vita vera, ed è quella del coraggio.
Per i politici, il coraggio di guardare oltre gli interessi della loro poltrona. Per i burocrati, il coraggio di guardare più avanti della politica. E ai comandati?
Per i comandati, il coraggio di vedere nell’altro l’alleato e non il nemico da combattere.
Ma questa è un’altra storia…

 Ufficio Stampa Univip