IL RINNOVO CHE VERRA’
di Antonio Festa
"Da
gennaio ci saranno 6 miliardi in più nelle tasche dei lavoratori del
pubblico impiego" - ha affermato il ministro per la Pubblica
Amministrazione, Renato Brunetta.
Il Protocollo d'intesa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di
lavoro per il biennio economico 2008-2009 è stato illustrato il 23 u.s. dal
presidente dell'Aran alle rappresentanze sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl,
ricevendo però il “no” del Segretario generale della Cgil, Guglielmo
Epifani, e l'adesione "con riserva" delle sigle sindacali Confsal,
Cse e Usae.
Alla luce di quanto rappresentato il ministro ha fatto sapere che il testo è
aperto "ad ulteriori adesioni". L’on.le Brunetta ha poi aggiunto che, con la
tredicesima mensilità, nel mese di dicembre verrà corrisposta l’indennità di
vacanza contrattuale per il 2008.
Da gennaio, dunque, Il rinnovo del contratto per i ministeriali dovrebbe
portare nelle tasche dei lavoratori circa 70 euro di aumento (60 di
tabellare e 10 di trattamento accessorio)
utilizzando il 90% dei 6 miliardi previsti in Finanziaria.
Resta, però, il veto della CGIL che, qualora non si decidesse a firmare,
impedirebbe di chiudere le trattative per i tre milioni e mezzo di
dipendenti pubblici.
Pur di raggiungere un accordo, il Governo si è impegnato a recuperare
i fondi tagliati per la contrattazione integrativa e a costituire un tavolo
tecnico per studiare un nuovo modello contrattuale che si avvicini a quello
in uso nel settore privato.
Cosa si nasconda dietro questa proposta di cambiamento, non è facile
prevedere. Certo è che in questo momento in cui si colpiscono gli impiegati
statali con la scusa che sono fannulloni, tutta questa apertura sembrerebbe
sottendere ad altri fini. E’ possibile che siano i lavoratori privati nel
“mirino” del Governo imprenditore, e che la politica “del bastone”,
propagandata nei confronti dei pubblici dipendenti, faccia da “apripista”
per loro.
Un “do ut des”?
Noi intanto stiamo a guardare, aspettando gli scioperi regionali di metà
novembre…
Siamo alle solite!
di Anna Punzo
Siamo alle solite! Ancora una volta
qualcuno si sveglia, si ricorda (come mai?) che c’è una norma che introduce
la “vicedirigenza”, e decide (nascondendosi dietro il Ministro di turno)
che deve essere cancellata. Cambiano i Ministri, cambiano i Governi, ma i
tentativi per cancellare la norma non cambiano. La faccenda comincia a
diventare alquanto sospetta. Chi, come me, frequenta corsi di aggiornamento
o seminari di approfondimento su diverse tematiche del pubblico impiego,
qualche volta ha sentito dire in aula che la norma sulla vicedirigenza non
si può applicare. Lo hanno detto i giuristi dell’Aran, ne sono convinti i
luminari della Funzione pubblica, concordano le solite organizzazioni
sindacali. Ma allora, perché abrogarla? Qual è il danno di una norma
inapplicabile che resta disattesa fra le centinaia di norme disattese? Se
non è possibile applicarla perché abrogarla?
Sono anni che spero che qualcuno di questi insigni luminari, ci acquieti
l’anima e ci spieghi quali sono le difficoltà per attuarla. Soprattutto ci
dica perché, invece di suggerire rimedi correttivi, proponga di cancellarla.
Specialmente in questi ultimi tempi in cui, con lo slogan che “privatizzare
è meglio”, si sta sfasciando lo Stato, compromettendo la legittimità
dell’azione amministrativa e ignorando la trasparenza delle procedure di
conferimento degli incarichi.
Sono anni che assistiamo a continui tentativi di riformare la pubblica
amministrazione. Con la scusa di diminuire la spesa, sono stati svenduti
pezzi dell’amministrazione, ma il risultato non è migliorato. In Italia si
vive sempre peggio, i giovani stentano a fare carriera (se non sponsorizzati
a dovere), i migliori emigrano in Europa dopo aver studiato in Italia (che
sperpero di risorse pubbliche! Ma perché non le chiudiamo le nostre
Università o chiediamo un rimborso spese al Paese europeo che ci frega i
nostri figli?), e la colpa è dei dipendenti pubblici.
Noi che l’amministrazione la viviamo, siamo disgustati da tanta ipocrisia.
Certo ci fa piacere sapere che i fannulloni saranno licenziati, ma ci fa
anche piacere sapere che insieme ai dipendenti fannulloni verranno
licenziati quelli che hanno permesso ai lavoratori di fare i fannulloni.
Ci fa piacere sapere che saranno premiati i migliori, ma ci fa anche piacere
sapere che chi ha impedito ai migliori di ottenere i giusti riconoscimenti,
sia condannato.
Concorsi truccati, finte selezioni e assegnazione di incarichi senza regole,
non possiamo più tollerarli. Soprattutto ora che registriamo per l’ennesima
volta un accanimento ingiustificato nei confronti di una norma che avrebbe
impedito di promuovere “a lume di naso” o a “discrezione del dirigente
manager”.
Crediamo che applicare la norma sulla vicedirigenza sia un dovere morale di
qualunque Governo che creda nell’importanza di un’amministrazione sana e
vicina ai bisogni della gente comune.
Per applicarla, ci vuole solo buon senso, competenza e tanta onestà.
Noi siamo convinti che nel nostro Parlamento c'è ancora qualche politico
preparato ed esperto, che conosca le problematiche del pubblico impiego e
non si lasci abbagliare dalle solite lobbies.
Qualche parlamentare che non abbia la vista corta, e che sia pronto a
schierarsi dalla parte di chi non chiede altro che di essere ascoltato.