|
|
SPENDING REVIEW: Per finanziare chi?
di Anna Punzo e
Franco Tempra
Sul decreto legge
inerente la “spending review” si potrebbe scrivere un libro dai molti
capitoli. Ci limiteremo, al momento, a porre solo alcune brevi riflessioni.
La riforma copernicana delle amministrazioni pubbliche, con conseguente
coinvolgimento del personale, ha nell’intendimento dell’Esecutivo un
contenimento della spesa e, allo stesso tempo, un miglioramento dell'efficacia e
dell’efficienza dell'azione amministrativa. In ogni caso, appare una riforma
volta a stravolgere i dipendenti pubblici e le loro famiglie. Allo stato, il
pubblico impiego è un caleidoscopio di tensioni. Risulta che la componente umana
è immolata sull’altare dei sacrifici: basti pensare al blocco triennale degli
stipendi, alla stasi dei contratti (fermi dal 2009), all’imposizione di un
contributo di solidarietà del 5 e 10% per i dirigenti con relativo blocco degli
stipendi, all’abrogazione della normativa in materia di vice dirigenza. Ed
ancora, i temuti “ processi di mobilità non saranno gestiti con una
trattativa ma con un esame congiunto, un confronto con le OO.SS." (affermazione del Ministro Patroni Griffi sul “Mattino” del 9.7.2012).
Sul punto, questa O.S. ebbe ad osservare, con l'informativa “Uno tsunami
si è abbattuto sul personale” del maggio u.s. che “…il dipendente
pubblico, al di là dell’amministrazione in cui presta la propria attività
lavorativa viene comunque retribuito. Esplicitato diversamente, vuol dire che le
spese relative alle retribuzioni spettanti ai lavoratori pubblici, tengono conto
del numero complessivo delle unità di personale in servizio nel complesso delle
pubbliche amministrazioni (Stato, agenzie, parastato, regioni, Comuni etc.). Al
fine di pervenire ad un significativo risparmio ed ad un contenimento della
spesa pubblica – provocatoriamente – l’unico sistema percorribile ed efficace
parrebbe quello della soppressione fisica del dipendente. Ma attenzione, per
scongiurare che gli istituti di previdenza si facciano carico della
reversibilità (che è un costo) anche gli eredi dovrebbero passare
contestualmente a miglior vita.”
Nel decreto legge n. 95 del 6 luglio u.s. si prevede, da un lato una
profonda riorganizzazione degli uffici e dall’altra una massiccia riduzione
delle consistenze numeriche, per i dirigenti in misura del 20% e per tutti gli
altri impiegati in misura del 10%. Ciò non vuol dire necessariamente “riduzione
di spesa”. E’ noto a tutti, infatti, che le piante organiche sono gonfiate e che
i dipendenti in servizio sono in numero inferiore alle previsioni.
Ciononostante con la nota DIPRU 0022715 T3.1.3 del 6 giugno 2012 - a firma del
Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri - inviata a
tutte le pubbliche amministrazioni, veniva precisato che non è possibile dare
attuazione, nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, alle procedure di
mobilità, e cioè al passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse,
“… in considerazione del riassetto organizzativo-funzionale in atto,
correlato alle esigenze relative alla spending review … a fronte delle
attuali esigue vacanze nella dotazione organica…”
Quali esigue vacanze?
Quelle determinatesi a
seguito della disposizione prevista il 6 luglio scorso?
E per vent’anni che hanno fatti i burocrati della Presidenza? Perché non hanno
applicato le leggi emanate dal Parlamento, proposte dai vari Governi che si sono
succeduti, sanando situazioni vergognose?
Perché, violando disposti legislativi e sentenze giurisprudenziali, hanno
bandito irrisorie procedure di riqualificazione per il solo personale interno,
ricoprendo in tal modo le vacanze organiche a scapito del personale tutto e
delle tasche degli italiani?
Appare disdicevole un siffatto comportamento: si intravede un privilegio
corporativo per i dipendenti di ruolo che in gran massa hanno fruito di più
scorrimenti di livello economico e di un copioso transito nell'area superiore.
Di converso il personale comandato che da anni attendeva di essere
“stabilizzato” si è visto, sistematicamente, pretermesso nei posti che gli
spettavano se soltanto fosse stata applicata la legge!
Nei Paesi civili le leggi non vengono solo scritte, ma anche applicate.
Nel nostro, invece, vengono scritte, disattese e poi abrogate.
Detto ciò, considerato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri è orientata
a rimodulare, in modo restrittivo, i propri uffici con conseguente contrazione
delle risorse umane, di ruolo e non di ruolo, non si può non far notare, però,
che molti dipendenti andranno in pensione per cui i posti vacanti, “attualmente
esigui” inevitabilmente aumenteranno.
Pertanto, sempre in considerazione delle affermazioni del Segretario Generale
sopra sinteticamente riportate, le seppure esigue vacanze organiche dovrebbero
comunque, ragionevolmente, essere coperte dal personale di prestito, tenendo
conto dell’anzianità e della professionalità adeguata e comprovata nel tempo.
La Corte Costituzionale, in una nota sentenza (la n. 246 del 2011) dichiarando
incostituzionale l’art. 19, comma 8 del decreto legislativo n. 165 del 2001,
nella parte in cui dispone che gli incarichi di funzione dirigenziale, non
apicali, conferiti “a persone di particolare e comprovata qualificazione
professionale, non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazione ai sensi del comma
6 del medesimo art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 cessano decorsi novanta giorni
dal voto sulla fiducia al Governo…” ha cristallizzato il principio di
prevalenza del criterio di continuità dell’azione amministrativa anche per
soggetti estranei alla pubblica amministrazione.
Mai paragone è stato più calzante di questo con le posizioni del personale non
dirigenziale in servizio temporaneo presso le varie Amministrazioni e la PCM.
Ciò in quanto tale personale assicura continuità all’azione amministrativa della
PCM e delle altre Amministrazioni, ragione per cui la repentina restituzione di
detto personale alle amministrazioni di origine crea disservizio e nessun reale
risparmio, poiché è del tutto irrilevante per l’erario quale sia
l’Amministrazione che li paga.