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LA DIRETTIVA DI
PATRONI GRIFFI
di Anna Punzo e Franco Tempra
Intervenendo sulla
questione delle riduzioni organiche nella Pubblica Amministrazione, il Ministro
della Funzione Pubblica, Patroni Griffi, ha in più di un’occasione sottolineato
(vedi da ultimo il messaggero del 26 settembre 2012) che si tratterà di
un’operazione complessa perché il Governo non intende procedere attraverso la
realizzazione di tagli lineari ma mirati, secondo criteri di selettività che
tengano conto del merito.
Da quando si è insediato il Governo dei professori, il motivetto che ha
accompagnato tutti i provvedimenti di riforma (e che ancora li accompagna) è
questo ritornello stonato della meritocrazia e della equità sociale, di cui
faremmo volentieri a meno.
A parte il fastidio che provoca alle orecchie, fa anche male al fegato.
Eppure, a parte le mere enunciazioni di principio, nulla di equo e meritocratico
traspare dall’art. 2 della legge 135 del 2012, che obbliga le amministrazioni a
ridurre del 20% le dotazioni organiche del personale dirigente e del 10% il
restante personale, senza considerare gli impliciti risvolti socio-economici che
ciò comporterà.
E’ necessario, dunque, valutare le criticità che sottendono alla pratica
attuazione di tale articolo, ovvero al sistema e alle modalità con le quali si
procederà ed ai possibili rimedi e percorsi procedurali assentiti, ciò al fine
di evitare di calpestare la dignità dei lavoratori, capri espiatori di una
riforma becera, che pur volendo essere ottimisti, non comporterà che risibili
risparmi di spesa e andrà a danno dell’efficienza delle amministrazioni se non
sarà condotta con la dovuta attenzione.
Detto ciò il Dipartimento della funzione pubblica ha emanato una direttiva
datata 24/9/2012, che avrebbe dovuto esplicitare le linee di indirizzo e i
criteri attuativi per l'applicazione dell'articolo 2 della citata legge. Invece,
tale direttiva appare, essenzialmente, una stucchevole sequenza cronologica di
adempimenti che le amministrazioni avrebbero dovuto effettuare. E sì, il
condizionale è d’obbligo, considerato che –secondo indiscrezioni di Palazzo-
gran parte dei Ministeri non hanno ancora risposto, e che addirittura pare siano
già state avanzate richieste di proroga, da parte del CNEL e dell’INPS, per
ritardare l’applicazione del provvedimento.
Ciò che però lascia ancora una volta perplessi è che la circolare a firma del
ministro Patroni Griffi non fa alcuna menzione dell'opportuna quanto necessaria
predisposizione di “tabelle di corrispondenza tra le qualifiche e le posizioni
economiche del personale assegnato”, nonostante ciò sia chiaramente previsto
dall’art. 2, comma 11, lett. d), ultimo periodo della legge in parola.
Sul punto, a giudizio di quest'associazione, è indispensabile attraverso
apposito strumento regolamentare (DPCM) omogeneizzare la variegata gamma delle
figure giuridiche-retributive e professionali esistenti nei vari ordinamenti
contrattuali nel P.I. che posti a confronto presentino razionali connotati di
professionalità sostanzialmente equivalenti fra loro, sempre che si vogliano –
non solo a parole- realizzare “interventi
selettivi e strutturali al fine di migliorare la produttività
della pubblica amministrazione e garantire l'effettiva
invarianza della quantità dei
servizi.”.
E’ davvero strano che tale decreto di equiparazione, già previsto dalla legge
145 del 2001 – quindi ben oltre 11 anni fa- resti ancora lettera morta,
nonostante si succedano Governi di destra, Governi di sinistra e Governi di
professori.
Altro aspetto, pure questo neanche sfiorato dalla circolare, concerne
l’anacronistico vetusto problema del personale comandato, triste pagina delle
nostre amministrazioni e che si trascina da anni, nonostante l’esistenza di una
norma di legge (art. 30 del D.lgs 16/5/2001) che ne consente la stabilizzazione
attraverso procedure selettive di merito.
Eppure i comandati, che prestano servizio presso una determinata
Amministrazione, hanno assicurato ed assicurano, con la loro comprovata
qualificazione professionale “il buon andamento della Amministrazione”. È
ragionevole ed equo, dunque, che in sede di emanazione del DD.P.C.M. di
definizione delle consistenze organiche, la componente del personale di
prestito, non utilizzato nella sede iniziale di inquadramento, venga immessa “sic
et simpliciter” negli organici della Amministrazione ove presta stabilmente
servizio.
Anche in questo caso, però, è sconcertante dover constatare che perfino la
Presidenza del Consiglio dei Ministri, - che pure avrebbe dovuto essere
d’esempio per le P.A. in quanto a legalità ed osservanza delle regole- non ne ha
mai voluto sapere di applicare le norme sulla mobilità, consentendo di “fare
e disfare” i provvedimenti di comando a seconda “dell’estro politico” del
momento.
Probabilmente tutto questo “fare ammuina” è funzionale alla credibilità
del Governo dei tecnici e alla disperata necessità di catalizzare consensi per
sviare l’attenzione dai veri sprechi che stanno soffocando la nostra economia.
Così tutto è finalizzato alla creazione di nuove poltrone nel prossimo
esecutivo, fatta eccezione quasi sicuramente, soltanto per il premier Mario
Monti, che la poltrona oramai se l’è garantita a vita nello scranno del Senato.