Unione Nazionale Italiana per la Valorizzazione dell'Impiego Pubblico

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IL MISTERO DEL DECRETO SCOMPARSO

Il d.p.c.m. relativo alle consistenze organiche delle pubbliche amministrazioni sembra essersi arenato su di un binario morto

di Anna Punzo e
Franco Tempra

 Nelle precedenti informative questa Associazione ha cercato - nell’ambito dell’ennesima riforma delle P.A. di cui all’art. 2 del provvedimento sulla spending review - di prospettare le incognite, le discrasie, le dicotomie e le perplessità circa la pratica attuazione della norma. Ma soprattutto, in nome dell’equità sociale, proporre soluzioni, auspicare modalità attuative assentite, suggerire criteri oggettivi e percorribili per un equilibrato contemperamento degli interessi pubblici con quelli dei lavoratori.

Per realizzare la riduzione del personale, la circolare della Funzione Pubblica suggeriva:

-        di attuare la c.d. “compensazione” (e cioè la disponibilità di talune Amministrazioni ad assorbire il personale eccedentario dimezzando così le unità in esubero);

-        di attivare i prepensionamenti;

-        di favorire l’applicazione della mobilità volontaria;

-        di stipulare i contratti di solidarietà in forma di part time;

-        di individuare gli esuberi effettivi da porre in mobilità per essere successivamente ricollocati in una sede scelta dall’Amministrazione con la possibilità, per il dipendente, di percepire lo stipendio ridotto all’80% per i primi 24 mesi e –persistendo il rifiuto- di essere licenziato d’ufficio.

Le sequenze procedurali per pervenire a un nuovo assetto del P.I. si sarebbero dovute concludere entro la fine del 2015.
Ad oggi, ci
risulta che il decreto è stato firmato dal Ministro della Funzione Pubblica ed inoltrato – per il concerto – in data 24/11/2012 al M.E.F. A tutt’oggi è al vaglio degli uffici della Ragioneria Generale dello Stato.
Non è prevedibile quando e se il Ministro Grilli controfirmerà il provvedimento in argomento.
Viene spontaneo, in proposito, arguire una semplice sottolineatura, ma è soltanto un ipotesi: il famigerato decreto vedrà la luce, per mera opportunità elettorale, solo dopo le elezioni politiche quando si sarà insediato il nuovo Governo.
In ogni caso ancora una volta la scure della crisi economica si abbatterà, rovinosamente, sui pubblici dipendenti cittadini - lavoratori - elettori considerati, impropriamente, in senso dispregiativo, una sorta di casta. Eppure i pubblici impiegati sono l’ossatura portante di ogni Nazione.
Preme sottolineare che – come più volte evidenziato da UNIVIP – l’attuazione dell’art. 2 della legge n 315/2012 è finalizzata, nelle intenzioni, a razionalizzare l’impiego delle risorse umane onde pervenire al contenimento della spesa pubblica (c.d. spending review). Ciò potrebbe risultare, in fin dei conti, solo un fantomatico artifizio mediatico. Ai “tecnici” dell’Esecutivo, ai politici di entrambi gli schieramenti ed ai burocrati è sfuggito che tale operazione, finalizzata ad un ipotetico risparmio, resta e rimane un enunciazione di principio perché i lavoratori pubblici continueranno a restare a carico della spesa pubblica, indipendentemente dall’amministrazione in cui prestano e presteranno servizio.

In proposito si ribadisce quanto già più volte rappresentato da questa O.S.: “E’ utile quanto necessario rammentare che, indipendentemente dall’amministrazione in cui il lavoratore pubblico presta servizio, una retribuzione gli è dovuta. D’altro canto, un’eventuale depauperamento dei lavoratori pubblici comporterebbe una correlata riduzione del gettito fiscale derivante dalle trattenute stipendiali ed, a cascata, una connessa riduzione dei consumi con riverberi negativi anche sulle entrate indirette nelle casse dello Stato”. In definitiva, alla riduzione di spesa derivante dal taglio degli organici corrisponderebbe una pari o maggiore ricaduta negativa sulle entrate dell’erario.
In tale quadro di riferimento, si innesta la questione dei dipendenti in assegnazione temporanea che – per precipue esigenze dell’amministrazione – affiancano, da anni, i colleghi di ruolo, con funzioni, incarichi e responsabilità talvolta superiori rispetto al dipendente di pari grado di ruolo. In proposito, parrebbe che la Presidenza stia provvedendo ad avvalersi di altri funzionari provenienti da altre amministrazioni.
Se così fosse, è comprensibile che il D.P.C.M. datato 1° ottobre 2012 – concernente la rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigente dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Dipartimento della Protezione Civile – all’art. 1, comma 2, preveda che con successivo provvedimento sarà rideterminato il contingente del personale di prestito. Delle due l’una, o si intende ampliare la consistenza del personale di prestito, oppure in modo occulto, l’amministrazione intende attuare una ulteriore epurazione, naturalmente senza criteri oggettivi e quindi con modalità discriminanti.
La censurata e censurabile fruizione di personale comandato, da parte soprattutto della P.C.M., risulta in misura macroscopica. Stante a quanto rilevato dalla Corte dei Conti nella Relazione al Parlamento per l’anno 2011 nella Presidenza si registra il 42 % di personale comandato rispetto al personale di ruolo, anziché il 20 % come stabilito dall’art. 11, c. 4 del d.lgs. 303 del 1999. Sempre le Sezioni riunite della Magistratura contabile, nella relazione annuale 2009/2010, hanno evidenziato al Parlamento che in 8 anni (da 2001 al 2009) si è registrato nella stessa Presidenza un’astronomica quantità di progressioni orizzontali quantificabili in 6.193 che hanno interessato circa 2.000 dipendenti. Nella stessa scansione temporale, con le progressioni verticali, sono state beneficiate più di 325 unità ai quali vanno aggiunti un numero consistente di impiegati che attraverso le c.d. “conciliazioni” sono stati immessi alle funzioni superiori. Carriere rapide e facili ottenute tramite il “Mandarinato” delle OO.SS aziendali d’intesa con l’amministrazione.
Sul punto, infatti, non sempre gli impiegati che hanno fruito di sviluppi di carriera galoppante sono risultati qualificati a svolgere compiti propri della nuova posizione funzionale. Ragion per cui, l’amministrazione Presidenziale è costretta a chiamare personale da altri amministrazioni per avvalersi di funzionari con competenze adeguate a corrispondere ai compiti qualificati da adempiere. Ecco il perché delle conferme – reiterazioni del provvedimento di comando.
Con disappunto si deve constatare – in amara sintesi – che per la P.C.M. le regole (di buona amministrazione, di efficienza ed equità giuridico/sociale) valgono solo per le altre amministrazioni. Ed infatti, come significato, ha sempre privilegiato e compiaciuto le OO.SS aziendali e gratificato il personale di ruolo; mentre il personale comandato rimane un minus habens al di fuori delle garanzie di carriera ed è dunque privato del diritto alla stabilizzazione che le leggi gli garantiscono.
Sul tema, per dovere di cronaca, si ricorda che La Corte dei Conti, con decreto del Segretario Generale, datato 20/10/2006, in applicazione dell’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001 ed in esecuzione della direttiva n. 2 del 26/4/2006 emanata dal Dipartimento della funzione pubblica, ebbe a procedere all’inquadramento nei propri ruoli del personale in servizio in posizione di comando, stabilendo che la graduatoria restasse valida per due anni. Sulla scorta di quanto operato dall’Organo di controllo e per effetto dell’autonomia organizzativa, regolamentare e finanziaria della P.C.M. (art 12, lett. c della legge n. 59 del 1997), l’amministrazione Presidenziale avrebbe la facoltà giuridico-amministrativa ed il dovere morale, anche in ragione dei compiti di impulso e indirizzo sulle altre pubbliche amministrazioni che fruiscono di personale comandato, di rimodulare le proprie consistenze organiche unificando le due dotazioni organiche (di ruolo e non di ruolo) mutandole così da virtuali a reali.

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