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CONTINUA L’IMPEGNO NEL DAR VOCE AI COMANDATI
di Anna Punzo e Franco Tempra
Circa 5.000
lavoratori pubblici (di cui quasi 2.000 presso la PCM) da anni versano in una
situazione di aleatorietà non dissimile per altri versi a quella del personale
precario.
La situazione di comando (di “prestito” come con pessima espressione si suole
dire, come se un lavoratore e una persona possano essere “prestati”) sono
esposti alle mutevoli volontà delle amministrazioni, cedente e cessionaria,
senza alcun rispetto per il programma personale e lavorativo del lavoratore ed
in dispregio, il più delle volte, anche delle esigenze funzionali ed
organizzative delle stesse amministrazioni.
Che senso ha, continuiamo a ripetere da questi fogli, conservare in questa
posizione di precarietà (rectius di comando) personale per decenni,
quando evidentemente lo stesso personale esercita funzioni che hanno carattere
stabile e non transitorio ed eccezionale?
Per questi motivi, la stabilizzazione del personale de quo, è stata e
continuerà a costituire un pilastro della politica sindacale di UNIVIP,
il cui fermo e determinato impegno è teso a portare all’attenzione del Governo,
del Parlamento e delle forze sociali il problema e le possibili soluzioni.
L’abnorme fenomeno del personale comandato s’innesta ora nel più ampio e
complesso quadro derivante dall’attuazione delle politiche di “spending
review” che, mediante l’emanazione di appositi DPCM, intende identificare le
consistenze organiche delle singole amministrazioni nonché i contingenti dei
dipendenti rientranti nel novero degli eccedentari che saranno coinvolti nel
circuito dell’iter procedurale finalizzato alla riduzione degli organici
avallando la strategia, mai sufficientemente condannata, di disfunzionali tagli
lineari.
Nelle intenzioni del legislatore si dovrebbe in questo modo conseguire un
contenimento della spesa pubblica … ma si tratta di un fantomatico, assurdo,
illusorio progetto.
La politica di riduzione del personale in servizio determina una serie di
conseguenze a cascata i cui effetti sono intuibili: la difficoltà a far fronte
ai servizi istituzionali (il caso della sanità e degli altri servizi pubblici è
evidente); la correlata riduzione del gettito fiscale derivante dalle
trattenute stipendiali; la connessa riduzione dei consumi, con il persistente
stato di recessione in cui versa il Paese.
Tornando alla specifico costituito dal personale “comandato”, la situazione
della Presidenza del Consiglio dei Ministri appare ancora più paradossale. Per
poter adempiere ai variegati compiti istituzionali, la stessa si avvale oltre al
contingente del personale di ruolo non dirigenziale (pari a 827 unità di
categoria A e di 973 di categoria B secondo il DPCM dell’1.10.2012), anche d’un
consistente nucleo di personale comandato, pari a circa il 42% del personale di
ruolo. La P.C.M. risulta, quindi, la p.a. che utilizza il maggior numero di
dipendenti in posizione di utilizzo temporaneo, tanto da essersi ingegnata a
creare, con apposito D.P.C.M., due dotazioni organiche parallele (di ruolo e non
di ruolo). Un artifizio volto a mascherare il reale dato numerico delle risorse
umane necessarie agli uffici presidenziali, potendo sostenere –artatamente- che
l’organico effettivo risulta esclusivamente dalla sub-consistenza del personale
inquadrato nei ruoli: lo stesso in realtà costituisce solo la meta del
contingente totale.
Eppure l’Amministrazione Presidenziale persiste nella sua strategia immobilista,
mentre il “travaso” di risorse umane dal “contenitore” del
personale comandato a quello del “serbatoio” degli impiegati di ruolo
consentirebbe di sopperire alle carenze organiche, con invarianza di spesa,
attraverso l’utilizzo dello strumento legislativo – organizzativo “del
passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse” di cui all’ art.30
d.lgs. n.165 del 2001.
I noti atavici che rendono l’Amministrazione Presidenziale fossilizzata ai
vecchi metodi sembrano doversi risolvere ancora una volta mediante l’ennesimo
maquillage (D.P.C.M. del 1.10.2012 – G.U. n 288 dell’11.12.2012) delle varie
strutture, apportando solo modifiche di facciata, accorpando e smembrando uffici
secondo il gattopardesco detto per cui “tutto deve cambiare affinché nulla
cambi realmente”.
A giudizio di UNIVIP, solo attraverso la ricerca di soluzioni finalizzate
ad un organico assetto del personale, eliminando innanzi tutto l’odioso
diaframma creato tra le due dotazioni (di ruolo e non di ruolo), si potrà
pervenire ad un’efficace, efficiente e razionale gestione normo organizzativa
delle risorse umane.
In tale quadro di riferimento, si deve registrare nuovamente che le OO.SS
aziendali, ben lungi dall’essere portatrici di interessi del personale comunque
operativamente impegnato nella PCM, continuano a perseguire esigenze biecamente
corporative, tutelando esclusivamente il personale con “pedigree” presidenziale,
con la benedizione della “casa madre” (vedasi, per esempio, le carriere
strepitose ed a pioggia di cui ha fruito il personale doc, oppure
l’indennità (FUP) in parte quiescibile e pensionabile soltanto per il personale
dei ruoli che ha optato per un orario lavorativo di 38 ore settimanale, ovvero
le brillanti carriere del personale interno, che per concorsi interamente o
sostanzialmente riservati continua a fare passi …da gigante, ad onta di tutti i
“blocchi” vigenti per il personale pubblico ai tempi della spending review).
Per contro, il personale in posizione di comando, pubblici dipendenti anche
loro, in servizio presso diversi segmenti operativi della Presidenza e chiamati
a svolgere funzioni per l’esigenza dell’amministrazione presidenziale proprio
per il loro bagaglio di professionalità non rinvenibile fra il personale di
ruolo, resta, anche per decenni in una situazione subalterna e di sudditanza
psicologica. Nessuna “sponda” per loro nemmeno nei sindacati “dei
lavoratori” (scusate l’esagerazione terminologica) che, accidiosi e privi di una
matura coscienza etico – sociale, non danno voce alle pressanti loro istanze
intese alla stabilizzazione e sono spesso razzialmente esclusi anche da
benefici teorici e minimi, come ad esempio la formazione, a volte esclusivamente
riservata ai figli “legittimi” di mamma-Presidenza.
UNIVIP,
pur non essendo rappresentativa in seno alla P.C.M., ritiene doveroso continuare
a manifestare, con insistenza, le speranze dei lavoratori comandati da anni,
frustrati dall’indifferenza della generalità della rappresentanze dei lavoratori
e dalla pervicace e amorale riluttanza della P.C.M. e delle amministrazioni in
genere nei confronti dei comandati.
Non è etico appiattirsi alla fatalità, ripiegarsi in se stessi, o limitarsi a
sterili mugugni, ma ci pare indispensabile continuare a farsi carico nel far
presente, ad ogni livello possibile, la ineludibile necessità di proporre
soluzioni intese a soddisfare un’ampia platea di lavoratori comandati, che
lavorano per esigenze istituzionali, nelle diverse amministrazioni pubbliche.