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QUESTIONE COMANDATI: INTERVENGA L’ESECUTIVO
di Anna Punzo e Franco Tempra
L’attuale Esecutivo, dinanzi alle enormi difficoltà economiche che sta attraversando la nostra Nazione, dovrà affrontare una serie di problemi che investono i cittadini tutti. Basti pensare al problema dei posti di lavoro dei giovani, agli esodati, ai cassintegrati, ai pensionati, ai precari … e ai lavoratori pubblici in posizione di comando la cui stabilizzazione comporterebbe un risparmio di gestione di circa 700.000 euro annue.
In tale quadro, infatti, non si può non menzionare la pletora di personale che presta servizio in posizione di comando e fuori ruolo in amministrazione diverse da quelle di origine. I lavoratori in assegnazione temporanea (c.d. di prestito) ammontano a circa 5000 unità, di cui circa 2000 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Al riguardo, in base alla relazione al Parlamento del 2010 sul costo del lavoro pubblico, la Corte dei conti ha evidenziato ( pag.105, V capoverso) che la P.C.M. “...utilizza in maniera consistente personale in posizione di comando pari al 42% del personale di ruolo...”
La Magistratura contabile, in Sezione riunite, con la relazione annuale del 2009, ha osservato al Parlamento che le amministrazioni statali (tab.5 pag.117) hanno favorito le progressioni verticali, ovvero migrazioni di massa di personale alle categorie superiori a seguito di processi di riqualificazioni per lo più poco selettivi, con i quali, tra il 2001 e il 2009, sono stati beneficiati al passaggio alla categoria immediatamente superiore complessivamente 795.608 dipendenti, di cui 450 dell’Amministrazione presidenziale. La Corte dei conti ha registrato inoltre che le Amministrazioni pubbliche hanno effettuato eccessive “progressioni orizzontali”. (997.941 impiegati nelle varie amministrazioni pubbliche e, presso la PCM, 6.193 dipendenti per poco più di 2000 impiegati di ruolo).
Il re-inquadramento alla categoria superiore ha inevitabilmente avuto effetti sul piano finanziario, perché ogni passaggio di livello economico (o, che dir si voglia, di qualifica superiore) ha prodotto un costo stabilizzatosi nel tempo, mentre l’immissione in ruolo del personale comandato sarebbe avvenuto ad invarianza di spesa, anzi avrebbe addirittura prodotto un risparmio di gestione di circa 700.000 euro annue.
Sull’annosa questione si registra che le amministrazioni pubbliche e la P.C.M. in dispregio alla normativa vigente in materia di mobilità, tra cui l’art.30 del d.lgs n.165 del 2001, non hanno ritenuto, d’intesa con le OO.SS., di applicare i disposti legislativi. Cioè :”... ricoprire i posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessa qualifica in servizio presso altre amministrazioni che ne facciano domanda di trasferimento”. Attenzione! Normativa che obbliga le amministrazioni di esperire le procedure di mobilità prima di attivare costose riqualificazioni verticali o concorsi esterni. Un principio generale cogente per tutte le pubbliche amministrazioni.
La responsabilità di detta “omissione” ricade, principalmente, sui responsabili della gestione delle risorse umane che, di concerto con i Sindacati, hanno tutelato e privilegiato soltanto il personale di ruoli e non anche quello comandato, considerato “un intruso”, anche se le amministrazioni sono costrette ad avvalersene per la loro peculiare professionalità e competenza data anche la nota penuria di risorse umane. E’ ineludibile che un funzionario pubblico che presta servizio presso un amministrazione per più di 10/15/20 anni acquisisce competenze e professionalità di quell’amministrazione con la conseguenza che la stessa amministrazione, pur di non privarsene, gli rinnova annualmente il provvedimento di comando. Qualchevolta accade pure che il provvedimento di comando si trasforma “per qualcuno” in provvedimento di immissione nei ruoli, con regole e criteri che a noi comuni lavoratori non è dato di conoscere.
La responsabilità del perpetuarsi di tale situazione ricade anche sui dirigenti preposti alla titolarità degli Uffici afferenti le risorse umane. Detti dirigenti, in ragione della configurazione giuridica della qualifica caratterizzata da poteri e responsabilità per una corretta gestione del personale, hanno:
eluso e violato la normativa vigente in materia di “passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse” (art. 30 d.lgs 165/2001);
ignorato le direttive – circolari emanate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento funzione pubblica n. 2 del 26 aprile 2006 a firma del Ministro Baccini (centro-destra) e n. 4 dell’8 aprile 2008 a firma del Ministro Nicolais (centro-sinistra) per la corretta applicazione del suddetto articolo (…amministrazione che essa per prima ha disatteso. Parafrasando: predica bene e razzola male);
ritenuto di non tener conto neanche delle innumerevoli pronunce giurisprudenziali che hanno riconosciuto inderogabile il “previo esperimento delle procedure di mobilità” in quanto rispondente al principio costituzionale di “buon andamento” (che si persegue attraverso una migliore ridistribuzione delle risorse umane) e che hanno altresì sostenuto che la mobilità si colloca a monte di tutte le altre procedure finalizzate alla provvista di personale. In sostanza, un istituto propedeutico rispetto alle progressioni verticali e ai concorsi esterni.
Ci risulterebbe, tra l’altro, che in Presidenza vi sarebbero vacanze organiche di circa 350 unità di personale che potrebbero essere coperte con il personale comandato.
E’ arrivato il momento di dare un chiaro segnale di cambiamento.
E’ necessario, perciò, mettere da parte i personalismi e le clientele e cominciare ad applicare le norme scritte nell’interesse di tutti.
Il futuro delle nostre generazioni dipenderà dal livello di coerenza che chi ci governa sarà in grado di dimostrare.
Il tempo storico è questo. Lasciarlo passare invano equivarrebbe a cancellarci per sempre