Unione Nazionale Italiana per la Valorizzazione dell'Impiego Pubblico
La News Letter di UNIVIP
Uno sguardo sul mondo del pubblico impiego
Speciale Co
mandati

Numero di Aprile 2012
 

In passato probabilmente l’istituto del comando è stato pensato per soddisfare l’esigenze dell’Amministrazione nell’interesse del Paese.  
Oggi è un mezzo per esercitare “potere”, per acquistare consensi e per “accontentare” gli amici sistemandoli in strutture più convenienti dal punto di vista economico o per facilitargli la carriera. Purtroppo, poi, i Governi cambiano e gli amici pure, così qualcuno viene dimenticato e sopravvive nell’incertezza costante di perdere il privilegio ottenuto, qualcun altro no.
Si determina, in tal modo, una situazione di precarietà perenne in virtù della quale i nuovi amici non si sostituiscono a quelli vecchi, ma si aggiungono, in un patto di reciproca tolleranza che non fa bene a nessuno.
Soprattutto è invisa al personale di ruolo, che si sente “privilegiato” per il semplice fatto che è riuscito a transitare nei ruoli dell’amministrazione di destinazione col favore di leggi e leggine o di qualche “buona stella”.
I comandati della Presidenza crescono e si moltiplicano a seconda di come crescono e si moltiplicano le strutture della Presidenza stessa.
Non c’è controllo. Il Presidente del Consiglio, o chi per lui, si sveglia e decide la nascita di un’authority o di un nuovo ente o semplicemente trasforma un Ministero in Dipartimento.
Così le file dei comandati si ingrossano, perché lavorare alla Presidenza garantisce al dipendente pubblico un’indennità economica aggiuntiva che lo ripaga da tante insoddisfazioni.
Chi guadagna meglio, non intende rinunciare all’obolo, e così si accontenta di quello che gli passano.
Il comandato non può partecipare alle progressioni economiche nell’amministrazione di destinazione e ha poche “chance” di superare quelle dell’amministrazione di appartenenza, non è titolato a seguire corsi di formazione e neanche ad essere eletto rappresentante delle RSU.
E’ un soggetto che fornisce manodopera di buona qualità e gode dell’immunità finché vive il suo sponsor. Se il vento cambia, anche la sua situazione può mutare.
E’ ostaggio del sistema, ed il sistema si alimenta su di lui, perché gli fa credere che è lì perché è un privilegiato e deve dire grazie finché piace a qualcuno.
E gli interessi del Paese?
E l’efficienza dell’amministrazione?
Stupidaggini!
Lo Stato è ricettacolo di consensi rubati, voti carpiti e posti di lavoro promessi da chi deve consolidare potere.
Non ci sono altre ragioni.

Il Governo Monti
Con l’insediamento di questo Governo tecnico, fautore del rigore e dell’equità, ci siamo illusi che lo scandalo dei comandati della Presidenza del Consiglio dei Ministri, avrebbe finalmente trovato una soluzione.
Così come nostra abitudine, ci siamo attivati per mettere al corrente i nuovi “tecnici” del vecchio fenomeno, nella convinzione di trovare interlocutori attenti.
La nostra convinzione si è andata consolidando all’indomani della lettera del Prefetto Carpino (leggi la risposta) che ci garantiva di aver preso in seria considerazione la vicenda e di averla portata  stata presa in considerazione ed era all’attenzione del Governo.
Ed infatti, qualche tempo dopo, siamo stati contattati telefonicamente dalla segreteria della Consigliera Pina Perozzi.
 

Contemoraneamente ci siamo attivati presso il Parlamento per la presentazione di un emendamento al milleproroghe sulla questione dei comandati (leggi nostro emendamento).

L'incontro a Via della Mercede
Venerdì, 3 febbraio 2012,  su invito delle Consigliere Perozzi e Contento, siamo stati a Via della Mercede per un chiarimento sull’intera vicenda.
Dal colloquio sono emerse una serie di considerazioni che hanno portato ad un’unica conclusione: non c’è alcuna volontà di sanare queste situazioni, nonostante le disposizioni di legge e gli strumenti regolamentari a disposizione.
La consigliera Pina Perozzi ha sostenuto che non esiste alcun diritto alla stabilizzazione del personale comandato e che è una facoltà della Presidenza avviare le procedure di mobilità. A supporto della sua affermazione ha citato la legge 400 del 1988, che ha disciplinato le strutture della Presidenza in ragione della sua peculiarità, tant’è vero che presso la Presidenza esistono 2 tabelle organiche, una del personale in posizione di ruolo ed un’altra per quello in posizione di comando.

Le norme sul reclutamento
Invero, il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 che disciplina l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, all’art. 9 comma 5 prevede che il Presidente, con proprio decreto, stabilisce il contingente del personale di prestito.
Sono previsti appositi contingenti anche per il personale delle forze di polizia, di esperti, di consulenti e di quelli addetti ai gabinetti e alle segreterie politiche, ma che qui tralasciamo.
Quello che ci preme sottolineare è il fatto che effettivamente esiste una previsione tabellare per il personale di prestito che si affianca al personale di ruolo. La ragione di ciò sta, secondo quanto riferito dalla consigliera Perozzi, nel fatto che gli uffici della Presidenza servono a supportare l’azione di Governo e quindi la struttura deve essere flessibile proprio per consentire di attuare le direttive politiche.
Ed infatti il comma 3 dello stesso articolo prevede altresì che, in materia di reclutamento di personale, il Presidente, con proprio decreto, può istituire, in misura non superiore al venti per cento dei posti disponibili, una riserva di posti per l'inquadramento selettivo, a parità di qualifica, del personale di altre amministrazioni in servizio presso la Presidenza ed in possesso di requisiti professionali adeguati e comprovati nel tempo.

La durata del comando
La norma stabilisce pure che, al giuramento di un nuovo Governo, il personale di prestito è restituito entro sei mesi alle amministrazioni di appartenenza, salvo proroga del comando o conferma del fuori ruolo disposti sulla base di specifica e motivata richiesta dei dirigenti preposti alle strutture della Presidenza. Ma così non succede. Almeno non per tutti. Qualcuno riesce ad ottenere la proroga, qualcun altro no.
I criteri secondo cui qualcuno viene restituito alle amministrazioni di appartenenza e qualcun altro no, non è dato di conoscere.

Il caso del Ministero della Difesa

Nel tentativo di fare chiarezza sulla vicenda, per comprendere le logiche a fondamento della concessione e revoca  di un provvedimento di comando,  citiamo il caso del Ministero della Difesa.

Un provvedimento a firma del direttore generale della Direzione generale del Personale civile del Ministero della Difesa, dr.ssa Preti, e diretto alla Presidenza del Consiglio stabiliva la cessazione del rinnovo del provvedimento di comando di alcuni dipendenti dell’amministrazione difesa ed il rientro entro il 31 dicembre del 2010 (leggi il provvedimento). La ragione? Gravi carenze di personale - si legge nel provvedimento.
Il fatto strano è che solo un anno dopo, il personale civile della Difesa è risultato in esubero di 10.000 unità. E allora, le ragioni di tanta fretta?
Un vero mistero!

Il contingente del 20%
Così di Governo in Governo e di proroga in proroga, il personale di prestito, non solo continua ad essere utilizzato dalle strutture della Presidenza, ma addirittura sta diventando più numeroso di quello di ruolo.
Un dato è certo: il contingente del 20% è stato abbondantemente superato.
Lo abbiamo fatto presente alle Consigliere Perozzi e Contento, ma ci siamo sentiti rispondere che la nostra informazione è frutto di “voci da corridoio” messe in giro per creare scompiglio.
Secondo le dirigenti della Presidenza, i provvedimenti di comando passano al controllo della Corte dei Conti e la registrazione non avviene se la percentuale non è rispettata.
Evidentemente le Consigliere non hanno mai letto la Relazione sul lavoro pubblico del 2010, predisposta proprio dalle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, in cui si legge, tra l'altro, che “ (indice di assunzioni superiori alle cessazioni), con l’eccezione della Presidenza del Consiglio (che tuttavia utilizza in maniera consistente personale in posizione di comando: circa il 42% del personale in servizio)”.

L'emendamento di UNIVIP
Ci sembra, dunque, che rigore ed equità, principi ispiratori della riforma Monti, non riguardano le strutture della Presidenza, all’insegna del “predicare bene e razzolare male”.
Il Governo Monti, non diversamente dai suoi predecessori, favorisce le clientele e non intende trovare soluzioni.
Confida sull’omertà dei comandati e sulla connivenza dei sindacati.
L’Italia da condannare che pretende di giudicare.
L’emendamento presentato da UNIVIP, che cercava di cristallizzare la situazione dei comandati in attesa di provvedimenti di riordino di tutte le amministrazioni pubbliche in vista di una razionalizzazione delle risorse umane, però, è stato respinto nella seduta n. 27 del 9 febbraio con il parere contrario dei relatori e del Governo (leggi l’emendamento di UNIVIP).
Strano davvero se si pensa che proprio uno dei relatori del Governo, l’onorevole Lucio MALAN, nella stessa seduta, ne ha presentato uno simile per favorire 7 segretari comunali in assegnazione temporanea presso il dipartimento della Funzione Pubblica (leggi l’emendamento di MALAN).
E l’equità? Ed il rigore?
Nell’Italia di Sanremo, ci verrebbe da cantare “Parole, parole, parole … soltanto parole, parole per noi ..."

 Ufficio Stampa Univip