In passato probabilmente l’istituto del
comando è stato pensato per soddisfare l’esigenze dell’Amministrazione
nell’interesse del Paese.
Oggi è un mezzo per esercitare “potere”, per acquistare consensi e per
“accontentare” gli amici sistemandoli in strutture più convenienti dal
punto di vista economico o per facilitargli la carriera. Purtroppo, poi, i
Governi cambiano e gli amici pure, così qualcuno viene dimenticato e
sopravvive nell’incertezza costante di perdere il privilegio ottenuto,
qualcun altro no.
Si determina, in tal modo, una situazione di precarietà perenne in virtù
della quale i nuovi amici non si sostituiscono a quelli vecchi, ma si
aggiungono, in un patto di reciproca tolleranza che non fa bene a nessuno.
Soprattutto è invisa al personale di ruolo, che si sente “privilegiato”
per il semplice fatto che è riuscito a transitare nei ruoli
dell’amministrazione di destinazione col favore di leggi e leggine o di
qualche “buona stella”.
I comandati della Presidenza crescono e si moltiplicano a seconda di come
crescono e si moltiplicano le strutture della Presidenza stessa.
Non c’è controllo. Il Presidente del Consiglio, o chi per lui, si sveglia
e decide la nascita di un’authority o di un nuovo ente o semplicemente
trasforma un Ministero in Dipartimento.
Così le file dei comandati si ingrossano, perché lavorare alla Presidenza
garantisce al dipendente pubblico un’indennità economica aggiuntiva che lo
ripaga da tante insoddisfazioni.
Chi guadagna meglio, non intende rinunciare all’obolo, e così si
accontenta di quello che gli passano.
Il comandato non può partecipare alle progressioni economiche
nell’amministrazione di destinazione e ha poche “chance” di
superare quelle dell’amministrazione di appartenenza, non è titolato a
seguire corsi di formazione e neanche ad essere eletto rappresentante
delle RSU.
E’ un soggetto che fornisce manodopera di buona qualità e gode
dell’immunità finché vive il suo sponsor. Se il vento cambia, anche la sua
situazione può mutare.
E’ ostaggio del sistema, ed il sistema si alimenta su di lui, perché gli
fa credere che è lì perché è un privilegiato e deve dire grazie finché
piace a qualcuno.
E gli interessi del Paese?
E l’efficienza dell’amministrazione?
Stupidaggini!
Lo Stato è ricettacolo di consensi rubati, voti carpiti e posti di lavoro
promessi da chi deve consolidare potere.
Non ci sono altre ragioni.
Il Governo Monti
Con l’insediamento di questo Governo tecnico, fautore del rigore e
dell’equità, ci siamo illusi che lo scandalo dei comandati della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, avrebbe finalmente trovato una
soluzione.
Così come nostra abitudine, ci siamo attivati per mettere al corrente i
nuovi “tecnici” del vecchio fenomeno, nella convinzione di trovare
interlocutori attenti.
La nostra convinzione si è andata consolidando all’indomani della lettera
del Prefetto Carpino (leggi
la risposta) che ci garantiva di aver preso in seria
considerazione la vicenda e di averla portata stata presa in
considerazione ed era all’attenzione del Governo.
Ed infatti, qualche tempo dopo, siamo stati contattati telefonicamente
dalla segreteria della Consigliera Pina Perozzi.
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Contemoraneamente ci siamo attivati presso il
Parlamento per la presentazione di un emendamento al milleproroghe sulla
questione dei comandati (leggi
nostro emendamento).
L'incontro a Via della Mercede
Venerdì, 3 febbraio 2012, su invito delle Consigliere Perozzi e
Contento, siamo stati a Via della Mercede per un chiarimento sull’intera
vicenda.
Dal colloquio sono emerse una serie di considerazioni che hanno portato ad
un’unica conclusione: non c’è alcuna volontà di sanare queste situazioni,
nonostante le disposizioni di legge e gli strumenti regolamentari a
disposizione.
La consigliera Pina Perozzi ha sostenuto che non esiste alcun diritto
alla stabilizzazione del personale comandato e che è una facoltà della
Presidenza avviare le procedure di mobilità. A supporto della sua
affermazione ha citato la legge 400 del 1988, che ha disciplinato le
strutture della Presidenza in ragione della sua peculiarità, tant’è vero
che presso la Presidenza esistono 2 tabelle organiche, una del personale
in posizione di ruolo ed un’altra per quello in posizione di comando.
Le norme sul reclutamento
Invero, il decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 303 che disciplina l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, all’art. 9 comma 5 prevede che il Presidente, con proprio
decreto, stabilisce il contingente del personale di prestito.
Sono previsti appositi contingenti anche per il personale delle forze di
polizia, di esperti, di consulenti e di quelli addetti ai gabinetti e alle
segreterie politiche, ma che qui tralasciamo.
Quello che ci preme sottolineare è il fatto che effettivamente esiste una
previsione tabellare per il personale di prestito che si affianca al
personale di ruolo. La ragione di ciò sta, secondo quanto riferito dalla
consigliera Perozzi, nel fatto che gli uffici della Presidenza servono a
supportare l’azione di Governo e quindi la struttura deve essere
flessibile proprio per consentire di attuare le direttive politiche.
Ed infatti il comma 3 dello stesso articolo
prevede altresì che, in materia di reclutamento di personale, il
Presidente, con proprio decreto, può istituire, in misura non superiore al
venti per cento dei posti disponibili, una riserva di posti per
l'inquadramento selettivo, a parità di qualifica, del personale di altre
amministrazioni in servizio presso la Presidenza ed in possesso di
requisiti professionali adeguati e comprovati nel tempo.
La durata del comando
La norma stabilisce pure che, al giuramento di un nuovo Governo, il
personale di prestito è restituito entro sei mesi alle amministrazioni di
appartenenza, salvo proroga del comando o conferma del fuori ruolo
disposti sulla base di specifica e motivata richiesta dei dirigenti
preposti alle strutture della Presidenza. Ma così non succede. Almeno non
per tutti. Qualcuno riesce ad ottenere la proroga, qualcun altro no.
I criteri secondo cui qualcuno viene restituito alle amministrazioni di
appartenenza e qualcun altro no, non è dato di conoscere.
Il caso del Ministero della Difesa
Nel tentativo di fare chiarezza sulla vicenda, per comprendere le logiche
a fondamento della concessione e revoca di un provvedimento di
comando, citiamo il caso del Ministero della Difesa. |
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Un
provvedimento a firma del direttore generale della Direzione generale del
Personale civile del Ministero della Difesa, dr.ssa Preti, e diretto alla
Presidenza del Consiglio stabiliva la cessazione del rinnovo del
provvedimento di comando di alcuni dipendenti dell’amministrazione
difesa ed il rientro entro il 31 dicembre del 2010 (leggi
il provvedimento). La ragione? Gravi carenze di personale - si
legge nel provvedimento.
Il fatto strano è che solo un anno dopo, il personale civile della
Difesa è risultato in esubero di 10.000 unità. E allora, le ragioni di
tanta fretta?
Un vero mistero!
Il contingente del 20%
Così di Governo in Governo e di proroga in proroga, il personale di
prestito, non solo continua ad essere utilizzato dalle strutture della
Presidenza, ma addirittura sta diventando più numeroso di quello di ruolo.
Un dato è certo: il contingente del 20% è stato abbondantemente superato.
Lo abbiamo fatto presente alle Consigliere Perozzi e Contento, ma ci siamo
sentiti rispondere che la nostra informazione è frutto di “voci da
corridoio” messe in giro per creare scompiglio.
Secondo le dirigenti della Presidenza, i provvedimenti di comando passano
al controllo della Corte dei Conti e la registrazione non avviene se la
percentuale non è rispettata.
Evidentemente le Consigliere non hanno mai letto la Relazione sul lavoro
pubblico del 2010, predisposta proprio dalle Sezioni riunite in sede di
controllo della Corte dei Conti, in cui si legge, tra l'altro, che “ (indice di assunzioni superiori
alle cessazioni), con l’eccezione della Presidenza del Consiglio (che
tuttavia utilizza in maniera consistente personale in posizione di
comando: circa il 42% del personale in servizio)”.
L'emendamento di UNIVIP
Ci sembra, dunque, che rigore ed equità, principi ispiratori della
riforma Monti, non riguardano le strutture della Presidenza, all’insegna
del “predicare bene e razzolare male”.
Il Governo Monti, non diversamente dai suoi predecessori, favorisce le
clientele e non intende trovare soluzioni.
Confida sull’omertà dei comandati e sulla connivenza dei sindacati.
L’Italia da condannare che pretende di giudicare.
L’emendamento presentato da UNIVIP, che cercava di cristallizzare
la situazione dei comandati in attesa di provvedimenti di riordino di
tutte le amministrazioni pubbliche in vista di una razionalizzazione delle
risorse umane, però, è stato respinto nella seduta n. 27 del 9 febbraio
con il parere contrario dei relatori e del Governo
(leggi l’emendamento di
UNIVIP).
Strano davvero se si pensa che proprio uno dei relatori del Governo,
l’onorevole Lucio MALAN, nella stessa seduta, ne ha presentato uno simile per favorire
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segretari comunali in assegnazione temporanea presso il dipartimento della
Funzione Pubblica (leggi
l’emendamento di MALAN).
E l’equità? Ed il rigore?
Nell’Italia di Sanremo, ci verrebbe da cantare “Parole, parole, parole
… soltanto parole, parole per noi ..."
Ufficio
Stampa Univip
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